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Torre dei Conti: la morte di Stroici non è un caso, è il sistema

di Eleonora Ciaffoloni -


Il crollo della Torre dei Conti a Roma non è soltanto un incidente di cantiere, ma il simbolo di un Paese che continua a morire di lavoro. Octay Stroici, 66 anni, è l’ultima vittima di una strage quotidiana.

L’operaio è rimasto sotto le macerie per più di undici ore, estratto ancora vivo e poi morto all’Umberto I, dopo una corsa disperata dei soccorritori e del personale medico. Per ricostruire un monumento del XII secolo si è finito con il distruggerlo, e nel cantiere che avrebbe dovuto restituire decoro a un pezzo di Roma antica si è consumata l’ennesima morte bianca.

Torrei dei Conti: aperto un fascicolo per omicidio e disastro colposo

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e disastro colposo. Nel frattempo il cantiere della Torre dei Conti è stato posto sotto sequestro e sono in corso accertamenti sulle ditte coinvolte e sugli interventi eseguiti nelle ore precedenti. Le ipotesi al vaglio sono più di una: errori nella progettazione, un ponteggio interno montato in modo errato, la rimozione prematura di alcune puntellature che reggevano il solaio. Non si può, al momento, escludere l’errore umano.

Tuttavia sembrerebbe, da parte degli investigatori, che il problema sia stato strutturale e non episodico. La Sovrintendenza capitolina sostiene che l’edificio fosse stato dichiarato stabile e che il cantiere, finanziato con i fondi Pnrr del programma “Caput Mundi”, prevedesse interventi di consolidamento e valorizzazione.

E tuttavia un monumento chiuso da quasi vent’anni è crollato come in un terremoto, nel cuore della Capitale, sotto gli occhi prima dei passanti e poi dei vigili del fuoco e dei tecnici giunti per un sopralluogo. Secondo gli esperti, un evento come questo non può avvenire senza una grave carenza di competenze tecniche. Un restauro del genere, difatti, richiede una presenza continua di ingegneri sul posto e un controllo scientifico che, forse, potrebbe non esserci stato.

Ieri le Frecce Tricolori – previste per le celebrazioni del 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate – non hanno sorvolato la Capitale e per oggi, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha dichiarato lutto cittadino per la tragica fine di Octay Stroici.

La morte dell’operaio 66enne però, non è un caso isolato. Perché mentre Roma contava le ore di un soccorso disperato, in altre zone d’Italia altri cinque lavoratori hanno perso la vita nello stesso giorno. Un contadino schiacciato dal trattore, un operaio precipitato da un’impalcatura, un addetto travolto da un muletto, un uomo morto in una cava. Non sono notizie che occupano la stessa pagina, né hanno la stessa eco mediatica, ma costruiscono un elenco infinito che attraversa ogni regione, ogni settore, ogni stagione dell’economia.

Non solo Torre dei Conti. I dati Inail: oltre mille morti bianche all’anno

I dati Inail dicono che nel 2024 le morti sul lavoro sono state 1.041. Nel 2025 il trend è pressoché identico se non peggiore. Nei primi nove mesi sono stati 777 decessi certificati, più di tre al giorno. La cronaca delle tragedie porta sempre le stesse dinamiche. Troppi appalti e subappalti, una catena di responsabilità che si dissolve, controlli sporadici, formazione spesso solo formale, cantieri dove la fretta vale più della prevenzione. La cultura della sicurezza in Italia è ancora percepita come un costo.

E le morti bianche, una volta piante, si dimenticano in nome dello scarico di responsabilità. Quando la politica annuncia ispettori, badge e sanzioni, i sindacati rispondono che senza toccare il nodo della precarietà e del risparmio sui cantieri non cambierà nulla. Ed effettivamente cambia poco o nulla. Non bastano oltre mille morti all’anno: nel nostro Paese ogni volta si promette che non succederà più, ma ogni volta succede di nuovo. Non è fatalità, non è sfortuna, è sistema.

La Torre dei Conti crolla nel cuore della “città eterna” mentre il Pnrr ne finanzia la sua rinascita. Lo Stato promette prevenzione, ma i controlli restano insufficienti. Le imprese ricordano la competitività, ma i cantieri continuano a diventare camere di morte. A Roma, fra le impalcature piegate e la polvere, resta un edificio ferito e un uomo che non tornerà più a casa. La sua storia non è eccezione, è la norma: dovremmo smettere di considerare normale morire per guadagnarsi da vivere.


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