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Alessia Pifferi, confermato l’ergastolo in appello: 24 anni per l’omicidio della figlia Diana

di Claudia Mari -


Alessia Pifferi è stata condannata in appello a 24 anni per l’omicidio della figlia Diana, lasciata morire di stenti nel luglio del 2022 nel suo appartamento nel quartiere Ponte Lambro a Milano

Ergastolo per Alessia Pifferi: la giornata in Aula

In primo grado Alessia Pifferi era stata condannata all’ergastolo per omicidio aggravato da futili motivi e dal vincolo di parentela, senza il riconoscimento delle attenuanti generiche. Una sentenza severa, arrivata al termine di un processo che aveva già sollevato un forte dibattito pubblico. Davanti alla Corte d’Appello di Milano, il confronto tra accusa e difesa si è nuovamente acceso.

Prima della decisione, la pubblica accusa ha esposto una lunga requisitoria, durata oltre due ore. L’avvocata generale Lucilla Tontodonati ha ribadito con fermezza la richiesta di conferma dell’ergastolo, sostenendo che la condotta di Pifferi denotasse piena consapevolezza delle conseguenze.

“Non possiamo contraddirci – ha detto in aula – se Pifferi lascia alla piccola, chiusa nel lettino da campeggio, quella bottiglietta d’acqua e un biberon, significa che sa perfettamente che la bambina avrà bisogno di bere. Altrimenti, non avrebbe lasciato neppure un bicchiere d’acqua. E se sapeva questo, non poteva non sapere che lasciarla sola per giorni l’avrebbe condotta alla morte”.

Per il pubblico ministero non si tratta dunque di un gesto impulsivo o inconsapevole, ma di una scelta lucida e volontaria, che configura a pieno titolo gli elementi dell’omicidio aggravato.

L’arringa della difesa

Di segno opposto la strategia difensiva. L’avvocata Alessia Pontenani ha insistito sul riconoscimento della seminfermità mentale o, in subordine, sulla derubricazione del reato in abbandono di minore con esito mortale. Secondo la difesa, Pifferi non sarebbe stata in grado di comprendere fino in fondo la portata delle proprie azioni.

“Non siamo davanti a una madre che ragiona e pianifica – ha affermato l’avvocata – ma a una persona fragile, dipendente emotivamente, incapace di valutare le conseguenze. Pifferi è come un vaso vuoto: non riesce a ragionare, non elabora, si lascia trascinare”. La legale ha inoltre ribadito che la donna, nel suo smarrimento, avrebbe ritenuto che la bambina fosse al sicuro e non fosse in pericolo di vita, e che manchi la volontà omicida attribuitale dalla procura.


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