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Natalità in calo e fecondità ai minimi: non si ferma la crisi demografica in Italia

di Marco Montini -


Natalità in calo e fecondità ai minimi. Non si arresta la crisi democrafica in Italia, con i recenti dati Istat che parlano da soli: nel 2024 le nascite sono state 369.944, in diminuzione  del 2,6% sull’anno precedente (una contrazione di quasi 10mila unità). Nel 2025 in base ai numeri provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono circa 13mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2024 (-6,3%). Il numero medio di figli per donna raggiunge il minimo storico: nel 2024 si attestaa 1,18, in flessione sul 2023 (1,20). La stima provvisoria relativa ai primi 7 mesi del 2025 evidenzia una fecondità pari a 1,13.

Il calo dal 2008

L’andamento decrescente delle nascite, ricorda Istat, prosegue senza soste dal 2008, anno nel quale si è registrato il numero massimo di nati vivi degli anni Duemila (oltre 576mila). Da allora la perdita complessiva è stata di quasi 207mila nascite (-35,8%). Il calo delle nascite, oltre a dipendere dalla bassa propensione ad avere figli (1,18 figli in media per donna nel 2024), è causato dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, appartenenti alle sempre più esigue generazioni nate a partire dalla metà degli anni Settanta, quando la fecondità cominciò a diminuire, scendendo da oltre 2 figli in media per donna al valore di 1,19 del 1995.

I dati dello scorso anno

Nel 2024 continuano a diminuire sia i primi figli sia i figli di ordine successivo al primo. I primogeniti sono pari a 181.487 unità, in calo del 2,7% rispetto al 2023. I secondi figli diminuiscono del 2,9% mentre quelli di ordine successivo dell’1,5%. La diminuzione dei primi figli riguarda tutte le aree del Paese, con una riduzione minore nel Centro-Nord e un calo più intenso nel Mezzogiorno. Anche la diminuzione dei figli di ordine successivo al primo interessa in misura maggiore il Meridione. Persistono, quindi, le difficoltà tanto ad avere il primo figlio quanto a passare dal primo al secondo.

I fattori che contribuiscono alla contrazione della natalità sono molteplici: l’allungarsi dei tempi di formazione, condizioni di precarietà del lavoro giovanile e difficoltà di accedere al mercato delle abitazioni, che tendono a posticipare l’uscita dal nucleo familiare di origine, a cui si può affiancare la scelta di rinunciare alla genitorialità o di posticiparla.

Gli altri dati

Altri numeri significativi: il decremento dei nati è quasi completamente attribuibile al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali (78,2%). Infatti, a fronte di un calo complessivo delle nascite di 9.946 unità, i nati da genitori italiani, pari a 289.183 nel 2024, sono diminuiti di 9.765 unità rispetto al 2023 (-3,3%). Le nascite da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero sono invece 80.761 (21,8%), sostanzialmente stabili rispetto al 2023, quando sono state 80.942 (-0,2%). Tra queste, la diminuzione registrata sui nati da genitori entrambi stranieri, pari al -1,7%, viene compensata dall’aumento dei nati in coppia mista (+2,3%). Insomma, a parte qualche raro caso, la crisi demografica in Italia non si ferma.

Cosa fare dunque, per invertire la rotta?

L’Italia dovrebbe adottare una visione di lungo periodo – suggerisce Carmela Tiso, portavoce nazionale Accademia Iniziativa Comune, realtà territoriale che da tempo sensibilizza su temi giovanili e sociali -. Le prospettive più promettenti includono: rafforzare il welfare familiare, potenziando strumenti come l’Assegno Unico, estendendo i congedi parentali, garantendo asili nido gratuiti e diffusi su tutto il territorio; ma anche, favorire la parità di genere, stabilizzare il lavoro giovanile, incentivare la natalità con misure fiscali, integrare le politiche migratorie, e aumentare la programmazione territoriale, intervenendo nelle aree interne e del Mezzogiorno con infrastrutture, servizi e opportunità per giovani coppie al fine di contenere lo spopolamento.

In conclusione, la denatalità non è un destino inevitabile, ma una sfida politica e culturale. Serve un cambiamento di prospettiva: investire sulle famiglie e sui giovani non è una spesa, ma un investimento sul futuro del Paese – conclude Tiso -. Solo costruendo un’Italia in cui mettere al mondo un figlio non sia un atto di coraggio, ma una scelta naturale e sostenibile, sarà possibile garantire un domani più equilibrato e vitale”. 


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