Zaia “svuota” FdI nel duello veneto. La Lega recupera e il centrosinistra sparisce a -36%
Tre elezioni regionali, tre Italie, tre velocità nelle intenzioni di voto. Il 23 e 24 novembre non si rinnovano solo i Consigli regionali di Veneto, Campania e Puglia, ma si misura la tenuta dei modelli territoriali che definiscono il nuovo baricentro politico del Paese.
In Veneto
Nel Veneto, la vittoria del centrodestra è già scritta. Secondo il sondaggio di Nando Pagnoncelli, pubblicato dal Corriere della Sera, Alberto Stefani è accreditato del 63,4%, mentre Giovanni Manildo (centrosinistra) si ferma al 26,4%. È un divario che annichilisce l’opposizione e conferma l’effetto Zaia, il vero marchio politico del Nord-Est.
Il governatore, candidato capolista in tutte le sette province venete, trascina la Lega e la coalizione oltre le soglie della forza di Stefani. Anche senza essere in corsa per la presidenza, Zaia resta la figura che definisce il voto: raccoglie consenso dentro e fuori i confini della Lega, attraendo l’elettorato moderato e produttivo che, alle politiche, guarda al centrosinistra ma che alle regionali premia il buon governo. Lo certificano i numeri.
Il modello Zaia
Non è solo una questione di popolarità, ma di metodo. Il “modello Zaia” si fonda su gestione, sobrietà e risultati. È una forma di leadership che nel 2020 gli valse il 77%, cifra mai vista nella storia politica recente, e che oggi trasferisce a Stefani come garanzia di continuità. Nel frattempo, Fratelli d’Italia arretra dal 37% delle europee al 23-25% nelle intenzioni di voto: senza Giorgia Meloni in campo, il partito perde un terzo dei consensi. È il segnale che nel Nord l’identità nazionale non basta: servono radici identitarie. Al Sud, invece, il panorama cambia.
In Campania
In Campania, il sondaggio di Noto per Porta a Porta assegna a Roberto Fico (centrosinistra e M5S) il 52%, contro il 45% di Edmondo Cirielli (centrodestra). Sette punti di vantaggio che non bastano a rassicurare un campo largo privo del suo motore principale: Vincenzo De Luca. Nel 2020, con il 70%, il governatore trasformò la Campania in un fortino personale. Oggi Fico ne eredita solo il simbolo, non l’organizzazione. È un candidato d’opinione, non di territorio. Il centrosinistra appare più fragile, meno capace di mobilitare il voto periferico, e Cirielli recupera terreno sfruttando proprio questa assenza di struttura. Così da sperare nel clamoroso sorpasso: difficile ma non impossibile.
In Puglia
Più solida la situazione in Puglia, dove Antonio Decaro vola al 63,2% contro il 33,8% di Stefano Lobuono. Qui il centrosinistra è tutt’altro che in crisi: ha un’eredità amministrativa forte, un sistema di potere diffuso e una rete civica che unisce sindaci, categorie e associazioni. Decaro, come Zaia, è un marchio personale prima che politico: amministra più che promette.
Tre regioni, tre lezioni
In Veneto, la Lega e Zaia trasformano la politica in amministrazione; in Puglia, il centrosinistra trova un leader che consolida il territorio; in Campania, invece, il vuoto lasciato da De Luca pesa come un macigno.
Là dove c’è un nome capace di rappresentare la comunità, l’ideologia scompare. Dove il nome manca, il consenso evapora.
Zaia, oggi capolista in tutte le province venete, resta il baricentro del Nord e l’antidoto all’usura del tempo. Non è solo il volto della Lega, ma l’architrave di un sistema politico che continua a vincere perché sa governare e può guardare lontano.
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