La morte di Peppe Vessicchio, il più noto maestro di Sanremo
L'improvvisa scomparsa al San Camillo di Roma dopo il ricovero per una polmonite interstiziale
Beppe Vessicchio in occasione della presentazione del calendario 2025 della Polizia di Stato, Roma, 07 novembre 2024. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Il direttore d’orchestra Peppe Vessicchio, diventato noto al grande pubblico al Festival di Sanremo, è morto questo pomeriggio all’ospedale San Camillo di Roma, dove era arrivato a seguito di una complicazione, una polmonite interstiziale improvvisa. La famiglia chiede riserbo. I funerali si svolgeranno in forma strettamente privata.
La morte di Peppe Vessicchio
Era nato a Napoli il 17 marzo 1956. Dalla formazione giovanile in architettura, passato presto al mondo della musica, scelse di concentrarsi su composizione, arrangiamento e direzione d’orchestra.
Diplomato in pianoforte, mosse i primi passi come arrangiatore per artisti partenopei: Nino Buonocore, Edoardo Bennato, Peppino di Capri, Lina Sastri. Il suo talento per l’arrangiamento, la misura, l’equilibrio lo portò presto oltre il Golfo di Napoli.
Negli stessi anni milita brevemente nel gruppo comico-musicale I Trettré, suonando chitarra e pianoforte. Ma quando il trio decide di virare verso il cabaret, Vessicchio sceglie la strada più difficile: lascia il successo facile e si dedica completamente alla musica. “Non volevo far ridere, volevo far vibrare”, raccontava.
Nel corso della sua carriera aveva collaborato con molti dei grandi nomi della musica italiana. Per esempio, con Gino Paoli alla scrittura di brani come “Ti lascio una canzone” e “Cosa farò da grande”.
Il maestro più noto di Sanremo
Peppe Vessicchio diventò noto anche al grande pubblico grazie alle sue numerose partecipazioni al Festival di Sanremo, riconosciuto come uno dei direttori d’orchestra più affermati.
Quattro volte vincitore come direttore d’orchestra – con “Sentimento” degli Avion Travel (2000), “Per dire di no” di Alexia (2003), “Per tutte le volte” che di Valerio Scanu (2010) e “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni (2011) – Vessicchio ha diretto sul palco sanremese anche Mia Martini, Mango, Elio e le Storie Tese, Le Vibrazioni, Gianluca Grignani, Arisa, e molti altri.
Negli ultimi anni il suo ritorno all’Ariston era accolto da vere e proprie ovazioni: un fenomeno affettivo, prima ancora che musicale.
Ha sempre sottolineato l’importanza della musica come ponte tra razionalità e sensibilità. In un’intervista, aveva ricordato: “Per me è architettura liquida”.
La sua visione – tecnica e sentimento -, unendo elementi colti e popolari, sperimentazione e tradizione.
“Ogni persona è come una corda e possiede una capacità di vibrazione – diceva -. Quando incrociamo le nostre vere passioni, iniziamo a suonare davvero”. Il suo approccio era sempre umano, mai accademico: per lui l’educazione musicale coincideva con la ricerca dell’equilibrio interiore.
Vessicchio parlava spesso dell'”armonia naturale” come chiave di lettura del mondo. L’armonia, diceva, è “l’ottimale condizione degli elementi di un insieme”: non solo in musica, ma nella vita. Credeva che la bellezza fosse una proporzione, una vibrazione giusta, un equilibrio sottile tra il suono e il silenzio. “Il silenzio è il tessuto in cui il suono si intrufola”, amava ripetere. Era un’estetica ma anche un’etica: il rispetto dei tempi, dell’ascolto, del lavoro degli altri. “Bisogna trovare la propria velocità”, spiegava, “una velocità che sia la tua, non quella del mercato”.
Nel 2024 l’Orchestra del Teatro alla Scala aveva eseguito una sua composizione da camera, “Tarantina”: un riconoscimento simbolico per un artista che, pur provenendo dalla musica leggera, aveva sempre cercato il dialogo con la musica colta. “Sentire la mia musica alla Scala è stato come tornare a casa dopo un lungo viaggio”, raccontava con la sua consueta modestia.
Il suo 2025
Quest’anno, era stato uno degli ospiti del festival agroalimentare Le Forme del Gusto a Lodi, intervenuto sul tema “malnutrizione e armonia” nel contesto educativo.
In giugno, il Comune di Rocchetta Tanaro gli aveva conferito la cittadinanza onoraria, riconoscendo il suo impegno nell’universo della musica e della cultura. Era stato inoltre annunciato nel cast della decima edizione del progetto Rockin’1000 – Ten years celebration di Cesena.
Le sue parole
In un’intervista al settimanale Famiglia Cristiana, Vessicchio aveva ricordato con affetto l’esperienza al Festival di Sanremo dicendo: “Mio padre mi voleva architetto”, sottolineando come la musica lo abbia scelto tanto quanto lui ha scelto la musica.
Alla rassegna anche le sue critiche: “Sanremo non sforna più talenti”, evidenziando una sua preoccupazione per l’evoluzione del mondo musicale italiano.
“Dirigere l’orchestra è una frase che mi insegue – confidava – ma in realtà io non volevo dirigere: volevo scrivere, unire, cercare l’armonia”. Forse è questo il segreto del successo di Peppe Vessicchio, oltre Sanremo: la capacità di essere popolare senza essere mai superficiale, di parlare a tutti senza abbassare il tono. Amava citare Vinícius de Moraes: “La vita è l’arte dell’incontro”. E tutta la sua esistenza è stata un incontro continuo tra mondi, suoni, persone, idee.
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