Campania al voto: Fico vince e il Centrodestra riflette
Il centrodestra perde in Campania con la vittoria di Roberto Fico (M5S) al 60,7%. Astensione record e scelte interne discutibili mettono in luce le criticità della coalizione. Bobbio denuncia una classe dirigente chiusa e incapace di rinnovamento.
Campania, storia di una debacle annunciata? Il centrodestra e la resa dei conti dopo il trionfo di Fico
In Campania il risultato elettorale non lascia spazio a interpretazioni: il cambio di leadership regionale non coincide con un cambio di colore politico. Dopo dieci anni di governo De Luca, l’asse M5S–PD trionfa con percentuali schiaccianti. Il pentastellato Roberto Fico, già presidente della Camera, ottiene un ampio 60,7%, mentre il candidato del centrodestra Edmondo Cirielli (FdI) si ferma al 35,6%.
Nemmeno l’intervento della Premier Meloni è riuscito a invertire la rotta. Le liste della coalizione registrano numeri deludenti: Giorgia Meloni per Cirielli – FdI 11,8%, Forza Italia 10,9%, Lega 5,5%.
Ma a colpire è soprattutto un dato trasversale: l’astensione altissima. Molti elettori hanno scelto di non votare, non per indifferenza ma per disillusione. È un segnale politico preciso, che indica una distanza crescente tra partiti e base.
Trionfo di Fico e debolezza del Centrodestra
Roberto Fico ottiene una vittoria netta e senza discussioni. Il centrodestra, nonostante il sostegno nazionale, non riesce a far fronte al consenso pentastellato e al radicamento del PD in Campania. La coalizione registra risultati marginali nelle liste locali, confermando un divario significativo tra la leadership e il territorio.
Il j’accuse di Luigi Bobbio
Luigi Bobbio, magistrato ed ex senatore, mette a nudo senza le contraddizioni interne del centrodestra campano, denunciando scelte miopi, personalismi e un sistema organizzativo che soffoca il merito.
“E in Campania, purtroppo, è fatta. Le cose sono andate come previsto. Grandi e terribili le criticità politiche registrate nel cdx. E certamente non nuove. Il candidato presidente non può sponsorizzare e spingere singoli candidati consiglieri del suo partito a danno degli altri. A Fi va imputata la scelta di alcuni candidati, che hanno allontanato dal voto molti elettori potenziali. La Lega era vistosamente debole, non tanto per i candidati quanto per la perdita di credibilità politica.
Ma tutto si riconduce alle devastanti responsabilità politiche di coloro che dirigono in sede regionale i tre partiti, esclusivamente concentrati e dediti ad una gestione fortemente proprietaria degli stessi. La sola perversa idea di governare un partito al fine esclusivo di usarlo come stampella del proprio ruolo e potere interno è perversa, meschina e genera un effetto suicida.
Invero, per perseguire e attuare un simile perverso disegno politico occorre ingessare il partito, mettendolo nelle mani di “fedelissimi” del cacicco regionale, gente di apparato, cresciuta all’ombra del Capo e totalmente priva di consenso personale, messa nei posti chiave al solo fine di presidiare il partito e tenere lontani tutti coloro che, pur avendo consenso, credibilità, novità, sono, proprio per questo, considerati dal cacicco e dai suoi giannizzeri dei pericolosi intellettuali e temibili concorrenti.
Tale situazione, però, determina la morte per asfissia, o quantomeno il coma, del partito che non solo non cresce e comunque non vince a livello regionale ma addirittura avvizzisce.
È questa situazione, peraltro, che tiene lontano mille miglia fasce larghissime di elettorato potenziale che, vedendo il rifiuto del partito di crescere, migliorare e cambiare, per tutelare il cacicco e i suoi pretoriani, si accomoda nell’astensionismo, favorito, altresì, dalla totale mancanza di appeal politico e personale della grande maggioranza dei candidati, accuratamente selezionati, con pochissime eccezioni, per la loro assoluta fedeltà al cacicco.
Di fronte a questo ennesimo disastro (ché di questo si tratta, viste le potenzialità che avremmo avuto con un candidato noto, credibile, nuovo, politicamente evoluto, specialmente al cospetto di una nullità come Fico) voglio confidare in una immediata inversione di rotta che parta dalle dirigenze nazionali, a cominciare dalla selezione di candidati per le prossime politiche, con l’individuazione di persone in grado di assicurare ai partiti di cdx una capacità di credibilità e di consenso politico personali che si aggiungano al colossale consenso di Giorgia Meloni.
La gente, gli elettori attuali e soprattutto quelli potenziali non ne possono più di vecchi e giovani arnesi, che quasi sempre non hanno nemmeno il voto loro. Inoltre, va cambiata la legge elettorale nazionale, reintroducendo collegi e preferenze. E non è una questione anagrafica.
In Campania è arrivato il momento di ripartire, ad esempio, da quei pochi candidati, eletti o meno che siano, che hanno dimostrato di essere nuovi, credibili, stimati, bravi, carismatici. Persone, penso a una donna in particolare, che, per avere costruito tanto nella vita, alla politica vogliono solo dare, non avendo bisogno di ricevere. Mi aspetto, per Fdi, che venga avvicendata tutta la dirigenza regionale e provinciale, commissari compresi. Tanto vi dovevo.”
Tajani e prospettive future
Il vicepremier Antonio Tajani sottolinea i risultati positivi per Forza Italia a livello nazionale e locale, rivendicando la crescita dei voti anche in Campania e la prospettiva di consolidamento della coalizione:
“Sono state 7 le Regioni al voto. Con la vittoria in Veneto il centrodestra ne vince 4. Siamo molto soddisfatti per i risultati di Forza Italia che cresce ovunque. In Campania abbiamo più che raddoppiato i voti. […] La strada per crescere e migliorare è tracciata.”
Secondo analisti e osservatori, la sconfitta del centrodestra è stata aggravata dall’assenza di opposizione in Consiglio regionale e dalla scelta di un candidato mai realmente competitivo.
La resa dei conti
Il centrodestra in Campania non può permettersi di liquidare questa sconfitta come un incidente. Un sistema che blocca le energie migliori, respinge chi porta voti, diffida della competenza e si circonda solo di fedelissimi non è più sostenibile. Servono figure che portino consenso, siano fedeli al partito e abbiano competenza.
Il dato sull’astensione è chiaro: molti non hanno votato, non per disinteresse ma per delusione. Ora serve una svolta vera: selezione seria della classe dirigente, fine dei personalismi e centralità del merito. Il centrodestra in Campania ha un potenziale enorme, ma continuerà a sprecarlo finché resterà intrappolato in logiche che soffocano il cambiamento.
Gli elettori hanno parlato.
Ignorarli sarebbe l’errore più grande.
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