Cultura & Spettacolo

La gente di mare

di Redazione -


Gli uomini e i paesaggi, nel libro di Giovanni Comisso, raccontano vicende di partenze e di approdi

 

Nell’estate del 1922, a bordo di un veliero chioggiotto, Giovanni Comisso naviga lungo le coste dell’alto Adriatico, osservando la vita operosa e silenziosa dei pescatori, la danza lenta dei loro ritmi e delle loro abitudini, gli umori e le tristezze, i luoghi di una vita semplice e modesta, le rade e i porti, le osterie. Nascono così le storie, ora riproposte, di “Gente di mare” (Ed. La nave di Teseo), premio Bagutta 1929. Il piacere della libertà e del vagabondare è dominante, si avverte l’ebbrezza di una esistenza in cui tutte le sensazioni sono talmente intense che gli uomini e le cose appaiono avvolti da una atmosfera incantata. Nella scrittura si combinano l’abbandono estetico, nella contemplazione della natura e del mondo di paese delle lagune. Comisso “reporter lirico” procede, come è stato più volte sottolineato, per accumulo di sensazioni. Si lascia avvolgere dalle percezioni suscitate dal fremere del mare e dal maestrale del mattino. Conoscenze fermate nella scrittura di queste pagine, per non farle svanire. E il tempo dimostra che non sono svanite. Giovanni Comisso (Treviso, 1895-1969) dopo gli studi classici si arruola volontario, partecipando alla Prima guerra mondiale e alla impresa di Fiume. Laureatosi in Giurisprudenza, abbandona presto la professione di avvocato e lavora come libraio a Milano e, successivamente, come mercante d’arte, a Parigi. Inviato per molti giornali, ha vinto – oltre al Bagutta del 1929 – il Viareggio, con “Capricci italiani” e lo Strega, con “Un gatto attraversa la strada”. 

D.M.

 


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