Cerchi i regali di Natale? Ti aiuta l’intelligenza artificiale
È tornato quel momento dell’anno in cui la corsa ai regali di Natale mette alla prova pazienza e portafogli. Tra vetrine affollate e infinite pagine online da scorrere, c’è chi vive lo shopping come un piacere e chi, sempre più numeroso, come una fatica, quasi un obbligo. A offrire una scorciatoia, oggi, è l’intelligenza artificiale, che promette di trasformare la ricerca del regalo perfetto in una conversazione. I chatbot come ChatGPT si propongono come personal shopper digitali: ascoltano le richieste, suggeriscono prodotti, confrontano prezzi e caratteristiche.
Secondo Shopify, circa due terzi dei consumatori nei Paesi più ricchi e addirittura cinque giovani su sei tra i 18 e i 24 anni intendono usare l’IA per gli acquisti natalizi. McKinsey conferma la tendenza: negli Stati Uniti, il consiglio per lo shopping è già il secondo utilizzo più comune dell’IA generativa, subito dopo la ricerca di informazioni. La posta in gioco è enorme. Entro il 2030, stima la società di consulenza, tra i tre e i cinque trilioni di dollari di acquisti globali passeranno attraverso “agenti” intelligenti.
Non stupisce quindi che le aziende tecnologiche vedano nello shopping il prossimo grande terreno di conquista, dopo l’e-commerce tradizionale. OpenAI ha stretto accordi con piattaforme come Shopify ed Etsy per consentire vendite dirette via chatbot, in cambio di commissioni. I grandi rivenditori, però, non restano a guardare. Amazon, che trae una quota rilevante dei ricavi dalla pubblicità, difende gelosamente il rapporto diretto con i clienti: ha limitato l’accesso ai propri dati e critica gli assistenti di terze parti per errori su prezzi, consegne e personalizzazione.
Walmart ha scelto una strada opposta, aprendo a ChatGPT e sviluppando al contempo un proprio assistente. La sfida non è solo tecnologica, ma culturale. I chatbot funzionano bene con prodotti dalle specifiche chiare, meno con quelli legati al gusto e all’emozione, come gli accessori di moda. E l’ingresso della pubblicità nei consigli rischia di minarne l’apparente neutralità, suggerendo regali “sponsorizzati” al posto di altri. Intanto, i marchi imparano a “parlare” ai motori generativi, adattando linguaggio e descrizioni. Paradossalmente, questa rivoluzione digitale potrebbe ridare però centralità ai negozi fisici. Quelle boutique che con vetrine, atmosfera e relazioni umane, offrono ciò che l’algoritmo non può replicare. Non a caso, tre quarti dei consumatori dichiarano di apprezzare ancora il contatto diretto. Il consiglio della commessa.
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