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Economia

Meloni non ha fretta sul Mercosur: “Garanzie o non firmiamo”

Il Brasile alza la voce: "Ora o mai più". Oggi Coldiretti protesta a Bruxelles

di Giovanni Vasso -


Attorno alla vicenda Mercosur si consuma un fatto inedito: per la prima volta, Emmanuel Macron e Giorgia Meloni sono (più o meno) dalla stessa parte della barricata. Due mondi tanto lontani, così diversi e irriducibilmente alternativi. Eppure, sulla firma dell’accordo commerciale che aprirebbe le frontiere con gli Stati ispano-americani, sia il presidente francese che la premier italiana hanno scelto la strada del “no”.

Mercosur, la posizione di Meloni (e quella di Macron)

Con sfumature differenti, per carità. Macron, presidente di minoranza sempre meno relativa e sempre più assoluta, è pressato dalla piazza. Quella dei trattori. Che, fin dai tempi dei gilets jaunes, gli occupano strade e vie spruzzando, talora, letame e rabbia contro le scelte del governo francese e di quello europeo. Sul collo di monsieur Macron incombe il fiato gelido del Front National, pardon, del Rassemblement di Marine Le Pen e Jordan Bardella che sogna di sfilargli la poltrona. Meloni, invece, non ha il problema di un’opposizione arrembante nei sondaggi. Né tantomeno della protesta degli agricoltori contro il governo italiano. Tutt’altro. Semmai ha da difendere un ruolo, importante, a difesa del comparto agroalimentare.

La posizione della premier

E, per di più, in un momento storico di capitale importanza dal momento che solo qualche giorno fa, in Italia, s’è festeggiato come e più di una vittoria ai mondiali di calcio (chissà se ci andremo al prossimo…) il riconoscimento Unesco alla cucina italiana. In vista del consiglio europeo che si terrà oggi e domani, Giorgia Meloni è intervenuta alla Camera dove ha spiegato (anche) quale sarà la posizione italiana sul tema dell’accordo Ue-Mercosur. Il problema non è l’intesa in sé, naturalmente, ma i termini dell’accordo che non convincono pienamente il governo.

L’intervento di Meloni

“L’Italia ha sempre guardato con interesse a questa intesa, sia per il significato politico di ponte tra l’Europa e l’America latina, sia per quello commerciale, con importanti e positive ricadute attese sul fronte delle esportazioni italiane, sia nel settore industriale che in quello alimentare, dato che l’accordo prevede la tutela di oltre 50 denominazioni di origine geografica italiane”, ha esordito Meloni. Che ha proseguito: “Ciò non di meno, il Governo italiano è sempre stato chiaro nel dire che l’accordo dovrà essere positivo per tutti i settori e che quindi è necessario rispondere, in particolare, alle preoccupazioni dei nostri agricoltori”. Per la premier c’è ancora tanto da fare: “Negli scorsi mesi abbiamo quindi lavorato molto intensamente con la Commissione e ottenuto passi in avanti significativi, in particolare con l’introduzione di un meccanismo specifico di salvaguardia, di un fondo adeguato di compensazione cui attingere in caso di necessità e, più recentemente, di un significativo rafforzamento dei controlli fitosanitari in entrata. Tutte queste misure, seppur presentate, non sono ancora del tutto finalizzate. Riteniamo, quindi, che firmare l’accordo nei prossimi giorni, come è stato ipotizzato, sia ancora prematuro”.

La durezza di Parigi, la minaccia del Brasile

Si tratta, suppergiù, di obiezioni simili a quelle già annunciate da Parigi, anticipate dal ministro agli affari europei Benjamin Haddad. E che ieri ha portato Macron a utilizzare toni durissimi: “La Francia si opporrebbe in modo molto fermo a una volontà di passaggio di forza da parte delle istanze europee”. In pratica, ha detto a Ursula che Parigi non è una Zagabria qualsiasi e che non si piegherà a nessuna pressione Ue. Né, tantomeno, lo farà di fronte a quelle che arrivano dal Brasile, dove il presidente Ignacio Lula, più assertivo che mai, ha avvisato: “Aspettiamo questo accordo da 26 anni, ed è più favorevole a loro che a noi. Li ho già avvertiti che se non lo facciamo ora, il Brasile non farà più accordi finché sarò presidente”. Il dito, Lula, lo punta contro Italia e Francia. Chiaramente. Ma le posizioni, anche in Italia, non sono così monolitiche. Confindustria, per esempio, spinge per il sì.

Confindustria si schiera per il Sì

Il presidente Emanuele Orsini ha riferito che l’intesa “vale 14 miliardi”. A viale dell’Astronomia la sanno lunga: l’accordo Ue-Mercosur, che non piace granché a Macron e Meloni, fa impazzire Merz e la Germania ci punta tanto. Al punto da aver schierato, al gran completo, le truppe frugali: Olanda e Danimarca sono pronte a tutt’osare per chiudere il deal. Insieme alla Spagna che, per ovvie ragioni, caldeggia l’intesa. Se guadagna l’industria tedesca, lo farà anche quella italiana che è ormai dentro, fino al collo, alle supply chain che hanno capo in Baviera.  Se gli industriali tifano sì, gli agricoltori invece sono naturalmente schierati sul no. E oggi Coldiretti protesterà a Bruxelles contro l’esecutivo di Ursula von der Leyen. Non solo per l’intesa col Mercosur ma per tutte le scelte in materia di politiche agricole che non piacciono proprio a nessuno.


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