Assolutamente forse, certamente quasi: apertura e/o ambiguità
Disambiguazione del senso delle parole e Blurometro per il migliore dei mondi possibili
“Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano
perché apre delle possibilità, non certezze…”
(Giacomo Leopardi)
“ – Inventiamo dei numeri? – Inventiamoli, comincio io. Quasi uno, quasi due, quasi tre, quasi…
– È troppo poco. Senti questi: uno stramilione di biliardoni, un ottone di millantoni…” (Gianni Rodari)
Le espressioni “assolutamente forse” e “certamente quasi” sembrano fornire una chiave di lettura adatta a cogliere il senso incerto dell’attuale realtà e dell’esito della sua mutazione, mentre le espressioni assolutamente- certamente sì/no hanno finora inflazionato la comunicazione mediatica di parole e numeri per far fronte alle ansie diffuse.
Quanto alla individuazione di un confine tra apertura e ambiguità, si può immaginare una terra di nessuno (“terra nullius”) intermedia dove vivono i responsi della Sibilla e il sorriso di Monna Lisa nonché una numerosa popolazione di parole alla ricerca di senso. E’ un’area blur (opaca, grigia, nebbiosa, offuscata) percepita come occupata da termini vaghi, il cui senso è da interpretare prima di definire la loro contiguità all’apertura o all’ambiguità.
Pertanto da una parte del confine l’apertura corrisponde alla proposta positiva di un “campo” di possibilità interpretative e progettuali <<come configurazione di stimoli dotata di una sostanziale indeterminatezza, così che il fruitore sia indotto a una serie di “letture” sempre variabili… che si prestano a diverse relazioni reciproche>>. E’ l’Eco di “Opera aperta” tutt’oggi attuale giacché <<nei casi in cui la contemporaneità si trova a fare i conti con il Disordine e la rottura dell’Ordine tradizionale (ritenuto immutabile)>> bisogna affrontare <<la provocazione del Caso, dell’Indeterminato, del Probabile, dell’Ambiguo,…>>.
Dall’altra parte del confine si propone il “campo” dell’ambiguità nella doppia prospettiva di: “omonimia”, usata per denotare con uno stesso termine stati di fatto o situazioni che presentano alternative di interpretazione, di chi le propone e di chi le recepisce, diverse e spesso escludentisi ; “equivoco”, usato per <<offrire alla curiosità ciò di cui va in cerca e alla chiacchiera l’illusione che tutto venga in esso deciso>>, come riporta Nicola Abbagnano nel suo “Dizionario di filosofia”.
Quanto alla terra di nessuno gli informatici, a partire dagli anni ’50, hanno affrontato il problema dell’ambiguità lessicale connessa alle omonimie. L’intervento del WSD (Word Sense Disambiguation) fornisce metodi e supporti ai processi computerizzati di ricerca delle informazioni relative ad un dato termine in presenza di omonimia: nel caso di “MERCURIO” come si fa a distinguere tra divinità, pianeta, elemento chimico e a cogliere le eventuali correlazioni? Sul piano pratico WSD contribuisce inoltre alla progettazione delle pagine di disambiguazione contenute, con funzione di servizio e guida, nelle enciclopedie dei sistemi informatici.
Dalla disambiguazione di omonimi si è passati a quella di sinonimi o presunti tali, quali potenziali portatori di indesiderati equivoci: nell’attuale fase di maturità riflessiva WSD ha aggiunto al precedente impegno quello ben più complesso del la disambiguazione semantica per guidare alla interpretazione del senso da dare a ciascun termine, in assenza di omonimie ma in presenza di significati volutamente aperti ma non ambigui. E’ il passaggio dall’informazione alla conoscenza e all’apprendimento necessari a ciascun individuo per l’orientamento discrezionale nelle scelte comportamentali in diversi contesti di riferimento e relative condizioni al contorno: all’elaborazione elettronica di dati si aggiunge l’elaborazione umana di pensiero (cocktail ricco di elementi oggettivi e variabili soggettive quali emozioni, sentimenti, giudizi, valori,…).
In questi casi può essere utile il Blurometro quale spazio di riflessione strutturato per ricercare, evidenziare, esplorare e infine interpretare termini sparsi nell’area blur della terra di nessuno, con l’obiettivo di individuare quale componente del loro significato e in che misura è assimilabile al significato di apertura piuttosto che a quello di ambiguità, complementandone il senso attribuito. Esemplificando, l’anticonformismo può essere interpretato come devianza sociale positiva (rifiuto di accettazione passiva e manifestazione di libertà) o negativa (avversione preconcetta e immotivata) rispetto a principi, idee, regole, usi, comportamenti comunemente accettati. Nel primo caso l’anticonformismo può essere ritenuto complementare all’apertura, nel secondo caso all’ambiguità. Dipende dopo tutto dalla circostanza personale che si sia d’accordo o non con il Candido di Voltaire, quando sostiene che questo è il migliore dei mondi possibili.
Luigi Rugiero
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