Attualità

A letto senza social

di Giovanni Vasso -


I ragazzini francesi andranno a letto senza social. E presto potrebbero seguirli anche i loro coetanei italiani, a meno che non si facciano una “sorta di Spid” Il dibattito sulle reti sociali s’è infiammato, a Parigi e dintorni, quando l’assemblea nazionale ha votato in prima lettura, quasi all’unanimità (82 voti a due) la proposta di legge che alza a 15 anni l’età minima per poter accedere ai social network. Secondo le ricerche alla base dell’iniziativa legislativa, la prima iscrizione sulla rete francese avverrebbe, solitamente, intorno agli otto anni e mezzo mentre più della metà dei ragazzini tra i 10 e i 14 anni è già presente sui social. Si parla già di “maggiore età digitale” e l’intenzione sembra essere quella di inasprire i requisiti fissati dall’Ue, con il regolamento Gdpr, sulla protezione dei dati personali, che fissa l’età minima fra i tredici anni e i 16 anni. Per le piattaforme che continueranno a consentire l’iscrizione ai minori di 15 anni sono previste sanzioni salatissime, pari all’1% del loro fatturato complessivo.

 

L’iniziativa francese ha già riscosso numerosi consensi anche in Italia. Al di là delle solite e prevedibili ondate di applausi che si sono espresse, per ironia della sorte, proprio sui social. Il Garante italiano per i minori s’è già mobilitato e ha proposto una sorta di Spid dedicato ai più piccoli. Carla Garlatti ha spiegato che “si tratta in pratica di istituire un nuovo sistema per la verifica dell`età dei minorenni che accedono ai servizi digitali, basato sulla certificazione dell’identità da parte di terzi, così da mantenere pienamente tutelato il diritto alla privacy”. Secondo l’authority “è opportuno che il legislatore italiano trovi il coraggio di quello francese e presenti una proposta di legge per alzare l’età”.
Ma la via “francese” ai social non convince Federico Ferrazza, direttore di Wired Italia. Che, a L’Identità, spiega: “Non capisco cosa possa cambiare nell’alzare l’età minima da 13 a 15 anni. Credo che si tratti di una soluzione difficilmente praticabile, occorre che le piattaforme abbiano un sistema di autenticazione dell’età affidabile, non è semplicissimo”. Quindi aggiunge: “Il mondo dei social presenta delle problematiche legate all’educazione e ai minori. Certo. Ma non è colpa di Zuckerberg o di Musk se, al ristorante, mettiamo lo smartphone o il tablet in mano ai ragazzi”. La questione educativa è centrale. Ma impone un’assunzione di responsabilità. “ Capisco che sia un tema il fatto che i social network possano dare l’immagine di una realtà falsata del mondo. In rete c’è una realtà, non si esaurisce tutta la realtà. Ma non vorrei che si tratti di spostare l’attenzione dal problema reale. Se mio figlio ha problemi di socialità, è maleducato, è un problema per me che sono il genitore, lo è per la scuola e per le istituzioni dell’educazione”. Infine, Ferrazza richiama all’attenzione sull’utilizzo che si fa dei social. “Se ho un’auto e la spingo oltre i 130 km/h, poi la multa per eccesso di velocità arriva a me, non alla casa costruttrice. Si possono imporre sistemi più restrittivi per l’accesso, non è impossibile. Ma se poi si dovesse scoprire che c’è chi riesce ad aggirarlo, perché dovrebbero pagare le aziende?”.

 

Insomma, il dibattito è servito. La Francia si avvia verso una legislazione (in teoria) più severa. Ma che nella pratica cambierà poco.


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