Esteri

L’ira della Cina per il sottomarino Aukus e la minaccia nucleare nell’Indo-Pacifico

di Ernesto Ferrante -

JOE BIDEN PRESIDENTE USA


L’accordo di fornitura di sottomarini a propulsione nucleare all’Australia da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna segna una svolta nella cooperazione fra le tre “democrazie anglo-sassoni” in funzione di contenimento anti-cinese. L’Aukus, che altro non è che l’acronimo di Australia, United Kingdom e United States of America, assume una connotazione decisamente bellicista che la dice lunga su come i grandi attori internazionali intendano regolare gli equilibri geopolitici nei prossimi anni e mantenere la propria supremazia nelle rispettive aree di interesse. Canberra vuole investire almeno 100 miliardi di dollari per dotarsi di otto di questi sofisticatissimi natanti e acquistare quelli di Classe Virginia per colmare “qualsiasi divario di capacità” e aumentare la capacità delle tre nazioni di “scoraggiare l’aggressione e contribuire alla pace e alla stabilità nell’Indo-Pacifico”.
La notizia più rilevante dell’incontro di San Diego, in California, è la progettazione e la costruzione di un sottomarino a propulsione nucleare completamente nuovo per le marine britanniche e australiane chiamato SSN-Aukus, in cui si fonderanno il design britannico e la tecnologia statunitense. Biden ha sottolineato a più riprese come i sottomarini che saranno forniti all’Australia non siano dotati di armamenti nucleari, come non lo sarà il nuovo “gioiello” dell’industria militare: “Voglio essere chiaro con tutti fin dall’inizio, cosicché non ci sia nessun malinteso su questo aspetto critico: questi sottomarini sono a propulsione nucleare, non sono dotati di armi nucleari, ripeto: sono a propulsione nucleare, non con armamenti nucleari”. E ancora: “L’Australia è un paese orgogliosamente privo di armamenti nucleari ed è impegnato a restare tale. Questi mezzi navali non saranno dotati di armi nucleari di alcun genere”. Da quest’anno il personale militare e civile australiano si integrerà nelle marine statunitensi e britanniche, anche all’interno delle basi sottomarine di entrambi gli alleati per acquisire la preparazione necessaria.
Lo “schema Aukus” viene ritenuto da più parti una sorta di scappatoia rispetto al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) del 1968, utilizzata per trasferire materiale fissile e tecnologia nucleare da uno Stato dotato di armi nucleari a uno che non ne possiede. La “falla” astutamente individuata è il paragrafo 14 che consente al materiale fissile utilizzato per uso militare non esplosivo, come la propulsione navale, di essere esentato dalle ispezioni e dal monitoraggio da parte dell’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).
Gli esperti di controllo degli armamenti ritengono pericolosissima la strada che si sta percorrendo, perché crea un precedente che potrebbe essere usato da altri per nascondere l’uranio altamente arricchito, o plutonio, il nucleo di un’arma nucleare, dalla supervisione internazionale.
“Forgiando questa nuova partnership, ha dichiarato il capo della Casa Bianca attingendo alla consueta retorica a stelle e strisce, stiamo mostrando ancora una volta come le democrazie possono offrire sicurezza e prosperità e non solo per noi, ma per il mondo intero”. Parole che stridono con ciò che evoca la parola “nucleare”. “Deterrenza” e “pace” non sono esattamente la stessa cosa. Anche se nel vocabolario mondiale del 2023 vengono sempre più spesso usate come sinonimi.
Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha detto che il piano Aukus ha segnato “un nuovo capitolo” nelle relazioni tra Australia, Stati Uniti e Regno Unito. “L’accordo di Aukus che confermiamo qui a San Diego, ha aggiunto ancora, rappresenta il più grande investimento singolo nella capacità di difesa dell’Australia nella nostra storia”.
Senza nominare direttamente la Cina come fonte di preoccupazione, Albanese ha spiegato che il piano riflette una determinazione condivisa per garantire che tutte le nazioni possano “agire nei loro interessi sovrani liberi dalla coercizione”.
Il direttore generale dell’AIEA, Rafael Mariano Grossi, ha riferito di ritenere che i partner di Aukus “siano impegnati a garantire il rispetto dei più alti standard di non proliferazione e salvaguardia”, rimarcando la sua “soddisfazione per l’impegno e la trasparenza mostrati finora dai tre paesi”.
“Penso che i tre Paesi siano abbastanza seri nel cercare di mitigare il danno al regime di non proliferazione. Penso che abbiano fatto un ottimo lavoro impegnandosi con l’AIEA”, ha commentato James Acton, co-direttore del programma di politica nucleare presso il Carnegie Endowment for International Peace. Non è mancata, tuttavia, una precisazione: “Ma penso ancora che ci sia un danno reale e concreto”.
Durissima la reazione cinese. L’impegno di Usa, Gb e Australia “sulla non proliferazione nucleare è un puro inganno: la cooperazione trilaterale sui sottomarini a propulsione nucleare rappresenta la prima volta nella storia che un Paese dotato di armi nucleari trasferisce reattori a propulsione atomica per sottomarini e una grande quantità di uranio altamente arricchito per uso militare a un Paese privo di armi nucleari”, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, aggiungendo che l’accordo “pone gravi rischi che violano lo scopo del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari”.
Cina, Iran e Russia hanno dato inizio ad esercitazioni militari congiunte nel Golfo di Oman. L’addestramento degli eserciti e delle marine dei tre Paesi proseguirà fino al 19 marzo.

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