Attualità

AUGURI ITALIA DIVISA

di Ivano Tolettini -

ROBERTO CALDEROLI MINISTRO


Calderoli: autonomia occasione storica, basta con i pregiudizi

 

 

Il governo licenzia il disegno di legge di attuazione dell’autonomia differenziata e mantiene fede, per adesso, al cronoprogramma che si è prefissato per dare pienezza al titolo V costituzionale. Al di là delle dichiarazioni retoriche che si rincorrono dall’altra sera sui due fronti per chi è iscritto alle fazioni in lizza – la svolta epocale che non è un danno per il Mezzogiorno e che migliorerà il Paese, secondo Lega e maggioranza di centrodestra; la legge spacca Italia che aumenterà il divario Nord-Sud e romperà l’Unità, secondo l’opposizione di centrosinistra – il dato certo è che adesso si viaggia spediti verso il voto del Parlamento sulla legge. Il ministro Roberto Calderoli incassa un altro sì sostanzioso e adesso si concentra sui prossimi 9-12 mesi che saranno quelli decisivi.
LEP
In questo torno temporale dovranno essere fissate le materie cui saranno applicati i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), di cui sentiamo discutere da tanto tempo e su cui adesso si concentrerà la Cabina di regia di cui fanno parte i 50 esperti nominati dal ministero. Se Luca Zaia, che sull’autonomia ha investito la propria credibilità politica dopo che nel 2017 ha chiamato al referendum il popolo veneto, dice a chiare lettere “adesso avanti tutta con i Lep”, Calderoli sottolinea che vuole continuare a muoversi in “un’ottica di collaborazione con le Regioni”. Certo, anche ieri Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi Sinistra commenta che “il governo Meloni e il suo partito passeranno alla storia per aver spaccato l’Italia” e il Pd, con in testa la segretaria Elly Schlein, osserva che l’autonomia è una sorta di menu alla carta che favorirà le regioni più ricche a danno del Sud. Se è vero che il progetto autonomista mira a consentire alle Regioni di assorbire competenze teoriche su 23 materie, altrettanto vero è che ci potranno essere Regioni che preferiranno rimanere centraliste. Nulla vieta loro di continuare come adesso. Chiaro, ed ecco il pragmatismo che dovrà condizionare l’analisi, bisognerà vedere che cosa succederà a regime con questo doppio binario (regionalista e centralista), quando saranno fissati i numeri dei Lep, fabbisogni e costi standard. Roma a quel opunto destinerà a ogni Regione i finanziamenti per far funzionare i servizi. Dopo di che si potrà fare un bilancio se la riforma contribuirà davvero a migliorare davvero il Paese o una parte di esso, come la maggioranza di Giorgia Meloni è convinta oppure se lascerà tutto inalterato. Perché potrebbe accadere anche questo. Se il ministro Calderoli ieri ripeteva, dal suo punto di vista con legittimo orgoglio, che il governo sull’autonomia “è come un treno ad alta velocità”, è altrettanto pacifico che soltanto quando gli apparati burocratici si confronteranno con l’attuazione giornaliera della riforma si comprenderà dove effettivamente andrà a parare il Paese. Fino ad allora la propaganda sui due fronti prevarrà sulle valutazioni obiettive.
CAMERE E TEMPI

Ritornando ai dati concreti, adesso la palla passa alle Camere che dovranno pronunciarsi due volte. La tempistica non è certa dal voto e si comprenderanno molte cose. Innanzitutto il Parlamento dovrà votare la legge Calderoli, quindi dovrà pronunciarsi sulle intese che ogni Regione stipulerà con lo Stato e che dureranno al massimo dieci anni. Rinnovabili. Poiché il ministro ripete deciso che la riforma non comporterà né nuove né maggiori spese per la finanza pubblica, va da sé che il momento decisivo sarà quello in cui saranno fissati i numeri per ogni singola Regione. Quella sarà la vera sfida e si comprenderà se la nostra struttura burocratica – centrale e decentrata – sarà davvero in grado di confrontarsi con il nuovo modello autonomista. Anche perché la possibilità dell’ibrido, Regioni autonomiste o centraliste, rappresenterà un unicum nel panorama internazionale. Una sorta di terza strada amministrativa gestionale che segnerà il Paese. Se positivamente o negativamente dipenderà dal progetto legislativo sfornato, dai dpcm emanati per ogni Lep e dalla capacità che le Regioni avranno di attuare i rispettivi obiettivi. “L’alternativa è rimanere fermi, ma non avvantaggia nessuno”, ripete Zaia.

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