Politica

“Fermatevi finché siete in tempo Divisi ci perdete entrambi”

di Domenico Pecile -

GIUSEPPE BENEDETTO FONDAZIONE ENAUDI


“Non è questione di duelli tra leader, ma di progetto politico che deve capire che in Italia da trent’anni manca una rappresentanza liberale. Un terzo leader al posto di Renzi e Calenda? Non vedo ancora un Giovanni Malagodi. E in ogni caso la rinascita di questa forza deve andare oltre gli uomini”. Sono le parole del presidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto.
Presidente, quella tra Popolari e Ds è stata definita una fusione a freddo per dare vita al Pd, quella tra Calenda e Renzi è glaciale. È dunque quello che sta accadendo è la cronaca di una separazione annunciata?
Preferisco cambiare tipo di approccio e parlare di un faticoso percorso che è iniziato da tanto tempo. Un percorso tanto faticoso quanto necessario per creare e avere una forza autenticamente liberale, che in questo Paese manca ormai da trent’anni.
Certo, ma resta il fatto che quelli che la voglio costruire, Renzi e Calenda, sono già ai ferri corti.
Non mi preoccuperei perché per colmare il deficit di rappresentanza liberale il percorso non poteva che essere accidentato.
Nonostante i veti incrociati, le accuse reciproche e le diffidenze sempre piùmarcate tra Azione e Iv, rimane ottimista?
Non sono né ottimista, né pessimista. La rinascita di questa forza deve andare oltre gli uomini, oltre la politica degli ultimi anni che ruota attorno ai leader e che non comprendo. La politica deve, invece, dare risposte alla società che in questo momento ha bisogno di avere un’area liberale. Vede, tanto per parlare dei due leader, gli uomini passano, ma l’esigenza liberale rimane.
Rimane però il fatto che questo progetto per adesso ruota attorno ai capricci di due galli che si contendono lo stesso pollaio.
Guardi, non mi porterà a dare su questo una valutazione di merito sui singoli leader. Preferisco alzare lo sguardo e guardare oltre il dito. Voglio dire che c’è una cultura liberale diffusa che deve essere interpretata e rappresentata. I leader possono essere persone capaci, ma vengono sempre dopo quell’esigenza di cui parlavo.
Qualche osservatore politico sostiene che per far decollare l’unione tra queste due forze sarebbe necessario che Renzi e Calenda facessero un passo indietro per favorire un terzo.
Mi consente di rispondere con una battuta? Non vedo ancora un altro Giovanni Malagodi.
Rimane il fatto che la creazione del polo liberale è adesso in pieno stallo politico. Che fare allora?
Quello che si sta provando a fare in Europa.
Vale a dire?
In Europa ci sono principalmente tre famiglie: quella liberale, quella popolare e quella socialista. E allora mi chiedo: com’è possibile che nel nostro Paese ci sono anta partiti popolari, anta socialisti e non ce ne sia uno liberale? La risposta è semplice e cioè che alle europee bisogna dare una risposta che consenta una rappresentanza liberale che a sua volta garantisca di colmare il deficit. Una condizione che mi sembra aperta perché c’è un’Europa liberale importante che deve trovare finalmente anche una corrispondenza italiana.
Tornando alla diaspora Calenda-Renzi dice che bisogna anteporre al dualismo il progetto della creazione di una forza liberale.
Bisogna dire proprio questo proprio a Renzi e Calenda. Ho fatto una dichiarazione e ho detto che a me piacerebbe confrontarmi e anche litigare purchè su argomenti concreti, su principi quali più Stato o meno Stato, qual è il modello di Stato che vogliamo, ecc. Se ci si confronta su queste cose è giusto e legittimo litigare, ma passare da quale Stato a quale partito mi sembra invece precipitare in un abisso profondo.
Insisto sul litigio tra i due leader: cosa pensa della proposta di Calenda che chiede l’abolizione della Leopolda?
Non ero presente alla riunione dell’altra sera quando si è parlato di questa ipotesi. Vede, quando ci si avvia nel cortocircuito delle incomprensioni… mah, dobbiamo passare al circuito virtuoso tra liberali.
Ma allora forse questi due leader sono meno liberali di quello che vogliono dare a vedere?
Se mi chiedono chi è liberale e chi no, mi guardo bene dal dare patenti. Un mio amico, un famoso giornalista, afferma che liberale è chi liberale fa.
Se si trovasse a cena con Renzi e Calenda cosa direbbe loro?
Li incontro spesso e le garantisco che sono uno che dice nel privato quello che afferma in pubblico. E in privato dico le cose che sto dicendo qui e che ho espresso anche a loro. Insomma, non mi serve chiudermi in una stanza per fare certe considerazioni.
Ribadisco che continua a fare voti di ottimismo.
Sono ottimista che alle prossime europee ci sia un’espressione autenticamente liberale.
Nonostante il tonfo elettorale in Lombardia e soprattutto in Friuli Venezia Giulia?
Credo che al di là dei sistemi elettorali che hanno un impatto sui risultati del voto ci sia anche un discorso di offerta politica. Se penso in particolare al Fvg, dico che sono contrario alle biciclette, figuriamo ai ricicli… (In Fvg il Terzo polo si era alleato con +Europa, ndr).
Se la sente di dire due paroline a Renzi e Calenda, un suggerimento per uscire dall’ impasse?
È una domanda che mi fanno in tanti. Domani (oggi per chi legge, ndr) c’è una riunione dei liberali democratici con molti esponenti di spicco e la risposta probabilmente la daremo tutti assieme.
Oltre all’astensionismo un altro fenomeno elettorale è il voto quasi poco ponderato che fluttua facilmente, che forse predilige gli slogan. Come fare a convincere gli elettori alla causa liberale?
La Fondazione Einaudi ha molto successo e quello che rappresenta sul piano culturale lo può avere anche su quello parlamentare. Certo, non saremo mai un partito. Ma dico che a me manca il partito di liberali tedeschi. Ma fare un partito, è il mio suggerimento, è cosa diversa dal fare una fondazione.

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