Competenze, digitale e sostenibilità: la ricetta di EY contro la recessione
Fino a dove la recessione spaventa le imprese? Risponde EY, accertando che non frena l’imprenditoria italiana che punta su talento, competenze, digitale e sostenibilità. I risultati della survey EY Private sugli imprenditori inaugurano l’apertura delle candidature per il Premio EY L’Imprenditore dell’Anno giunto alla XXVI edizione.
Resilienza, talento, competenze e digitale sono le parole d’ordine dell’imprenditoria italiana emerse dall’indagine condotta da EY Private e le caratteristiche che saranno al centro del Premio. Da oggi, aperte le candidature per il riconoscimento che dal 1997, celebra gli imprenditori capaci di contribuire in modo significativo allo sviluppo italiano da un punto di vista economico, ambientale e sociale. Possono partecipare tutti coloro che sono alla guida di aziende attive da almeno 3 anni, con sede legale in Italia e con un fatturato pari o superiore a 40 milioni di euro.
Il commento di Enrico Lenzi, responsabile Italia del Premio: “Il fattore umano è uno degli elementi maggiormente messi in evidenza dagli imprenditori che abbiamo intervistato: in uno scenario, mai quanto oggi, volatile ed incerto, la capacità di avere accesso al talento, farlo crescere e garantire la giusta meritocrazia e inclusione, è una leva fondamentale per la creazione di valore di lungo termine”.
Nell’occasione, l’indagine arrivata al terzo anno di EY Private ha approfondito con un focus imprenditorialità, innovazione, sostenibilità, talento. La racconta Paolo Zocchi, EY Private leader di EY: “Nonostante il momento storico, l’Italia si mostra resiliente e l’imprenditoria del nostro Paese continua a registrare successi marcando una costante crescita. Secondo il 34% degli imprenditori intervistati, il segreto di questo successo italiano risiede nella forte flessibilità dimostrata dalle nostre risorse nel trovare velocemente soluzioni innovative. Per superare quindi gli ostacoli del momento, gli imprenditori puntano sulla rapida e continua diversificazione degli investimenti, con un focus in particolare su talento e competenze (25%), digitale (23%) e sostenibilità (37%)”.
Da un lato, quindi, la flessibilità è uno dei fattori trainanti nella competitività del mercato italiano, dall’altro circa il 50% degli intervistati sostiene che la forza e la possibilità di riconoscere il brand Made in Italy, unitamente alla capacità di rivedere il business model con efficienza e rapidità, a seconda delle continue evoluzioni di mercato, siano elementi cruciali per poter competere a livello internazionale. Ed è quindi necessario investire su talento, competenze, digitale e sostenibilità.
Intanto, recessione e crisi d’impresa continuano ad essere un campanello d’allarme. L’87% degli intervistati ritiene che, nello scenario attuale, un’evoluzione recessiva sia prevedibile. Ma, allo stesso tempo, il 65% delle imprese sostiene che un’eventuale recessione oggi potrebbe avere una durata inferiore, e dunque avere effetti negativi meno distruttivi, rispetto alle recessioni già conosciute e vissute da diversi imprenditori. Le aziende sono convinte che sia necessario investire su più fronti, in ottica di diversificazione ed efficienza, puntando su talento e competenze, unitamente a investimenti sulla tecnologia digitale, driver necessari per avere un ritorno positivo nel lungo periodo. Per competere sul mercato, è fondamentale anche investire nell’integrazione della sostenibilità nei processi di core business così come innovare in processi.
Circa l’innovazione digitale, è in crescita nelle aziende ma il Paese ha ancora diversi gap da colmare, anche sul PNRR. Emerge che gli investimenti privati in data management in Italia sono in crescita ma il Paese sconta arretratezza nelle competenze digitali dei cittadini e nei servizi digitali della Pa al cittadino. In particolare, il 26% delle aziende ritiene prioritario investire in data analytics a supporto dei processi decisionali strategici, in un percorso di implementazione di strategie soprattutto commerciali data driven, basate sui dati. I percorsi di trasformazione digitale hanno richiesto alle imprese di lavorare sempre più sulle competenze digitali delle risorse. Il 25% pensa sia fondamentale la formazione in materie digitali, e ritiene strategico attivare dei percorsi formativi interni o tramite il supporto di professionisti esterni, per colmare lo skill gap. L’Industria 4.0 rappresenta per molte imprese una vera opportunità di crescita per restare competitivi nel contesto economico attuale, il 24% delle aziende vede tra le proprie priorità di investimento il ripensamento della fabbrica in ottica sempre più digitale e interconnessa, grazie all’integrazione di nuove tecnologie volta all’ottimizzazione della progettazione e dei processi.
Guardando al Pnrr, per gli imprenditori gli investimenti in tecnologia legati al Piano non hanno avuto lo slancio atteso, infatti, secondo il 40% delle aziende vi è eccessiva complessità nell’accesso alle misure del PNRR; il 42% ritiene infatti necessaria una semplificazione nell’accessibilità alla finanza agevolata, in quanto ad oggi l’informazione risulta spesso frammentata, e non sempre sufficientemente chiara, da consentire un accesso alle misure in autonomia. Il 14% delle aziende chiede una maggiore integrazione tra la Pa centrale e quella locale per supportare nella misura necessaria la trasformazione digitale.
Evidenziata anche la priorità su processi e innovazione di prodotto, wellbeing aziendale e riorganizzazione delle modalità lavorative. Il contesto geopolitico, la crisi energetica, la scarsità di materie prime e la dinamica inflattiva hanno prodotto nuove spinte ad investire sulla sostenibilità, rendendola ormai necessaria, oltre che conveniente, per le imprese. Quindi, buona parte del campione (56%) considera primario investire nei propri processi e nell’innovazione di prodotto. Il 31% ritiene cruciale investire nella circolarità dei prodotti offerti sul mercato, mentre gli impatti ambientali del ciclo produttivo sono al centro del 25% del campione. Un ulteriore 25% sposta invece il focus esternamente rispetto all’azienda, nella trasparenza e tracciabilità della supply chain. In ultimo, gli strumenti di finanza sostenibile sono considerati come la leva principale da adottare per un residuo 10%.
Rilievo a nuovi talenti e nuove generazioni: le aziende pensano sia necessario attrarne anche attraverso programmi di wellbeing aziendale per garantire crescita e benessere. E trovare un punto di equilibrio tra domanda e offerta, in un contesto di mercato totalmente diverso rispetto al passato, soprattutto per i bisogni delle generazioni emergenti. Per il 37%, è fondamentale garantire percorsi di carriera basati sulla meritocrazia, sistemi di valutazione della performance chiari, delineati e al passo con i tempi, unitamente ad una maggiore flessibilità e autonomia nell’organizzazione del lavoro. Il 28% ritiene sia necessario puntare su ambienti di lavoro inclusivi che garantiscano il benessere delle risorse attraverso nuovi programmi di welfare a supporto di tutte le categorie di dipendenti. E una comunicazione centrata sui valori aziendali e temi quali la sostenibilità, gender equality e valorizzazione delle diversità è ritenuta una leva di attrazione soprattutto per le nuove generazioni.
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