Crowe super esorcista
Gli ingredienti per l’ennesimo film del terrore di ambientazione demoniaca sulla carta c’erano tutti – gli scritti di padre Gabriele Amorth – ma L’esorcista del Papa di Julius Avert non è un horror come era lecito aspettarsi. Piuttosto la pellicola, costruita su uno straripante e altrettanto convincente Russell Crowe nei panni del “principe degli esorcisti”, somiglia a un qualche cinefumettone dove i supereroi sono il super Bene e il super Male. Qui incarnati da padre Amorth da un lato e dal demonio che passa di impossessato in impossessato dall’altro. Non un film che fa saltare sulla sedia – ben lungi dal terrore di altre pellicole sui riti per liberare le vittime di possessione demoniaca – ma una specie di action-horror dove il sovrannaturale è fantascientifico, con tanto di super effettoni speciali. Anzi, la trama – con tanto di “mostro finale” – è quasi da videogioco, nella cifra tipica del regista australiano. Ambientazione – gli anni ’80 – location e cast (con Franco Nero nelle bianche vesti del Papa – che però non è Woytjla, come dovrebbe essere, vista l’epoca dei fatti) sono di tutto rispetto ma la grande interpretazione di Crowe lascia tutto e tutti sullo sfondo.
Tra battute da eroe da action-movie e gigionerie da simpaticone, questo Amorth – di certo più simpatico dell’originale – ruba la scena e catalizza l’attenzione grazie alla riuscita costruzione del personaggio e alle fattezze straripanti di Crowe, che nel doppiaggio ha la voce di Luca Ward, del Gladiatore, come è giusto che sia. Impossibile non tifare per questo esorcista che se ne va in giro in Lambretta e non disdegna la fiaschetta del whisky. Quindi, se non cercate il classico film del terrore ma qualcosa a metà tra il fanta-thriller e l’intrattenimento puro, è il titolo giusto che fa per voi (per inciso: la sala era piena, una rarità di questi tempi).
Questa la trama. È il 1987 e padre Gabriele Amorth, capo esorcista del Vaticano, viene chiamato a liberare un ragazzo da una possessione demoniaca. Ma, come nel novantotto percento dei casi – come spiega lo stesso Amorth-, si tratta solo di un caso di problemi psichici. Quello che fa la differenza, una differenza abissale (è il caso di dirlo) è quel due per cento di casi che Amorth chiama “il Male”, come spiega al cospetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, divisa nelle fazioni del cardinale Sullivan, esponente della nuova generazione ecclesiastica, e il cardinale Lumumba, rappresentante del vecchio ordine. A mediare tra le due posizioni è il Papa, che spedisce Amorth in Spagna, dove all’interno dell’abbazia di San Sebastiano (che ha già dato problemi in passato, ammette il Pontefice), secondo la segnalazione del presbitero padre Esquibel (Daniel Zovatto), è in corso una possessione demoniaca di un bambino, che si trova lì con la sorella maggiore e la madre vedova. Ma il luogo nasconde molto di più e il demone in questione è molto potente e conosce Amorth: lo stava aspettando. Per metterlo di fronte ai suoi incubi peggiori, per costringerlo a fare i conti con un terribile passato. Ma la sfida che lancia questo demone non è soltanto all’esorcista più bravo che c’è ma a tutto il Vaticano. E’ in gioco il futuro della Chiesa (e in qualche modo della stessa fede, lascia intendere il film). Da cui lo scontro finale a mo’ di film degli Avengers. I nessi con la realtà dei fatti narrati nei libri di Amorth su cui si basa la sceneggiatura non mancano, ma scopo della pellicola è coinvolgere lo spettatore nella battaglia a colpi di sovrannaturale, per la salvezza di tutti i fedeli cattolici. Sì, perché più vanno avanti le indagini di Amorth più si scopre che il luogo maledetto dove sorge l’abbazia fu teatro di qualcosa di terribile, che ha a che fare con l’Inquisizione spagnola e con i crimini di cui si macchiò la Chiesa.
Per come si chiude la vicenda non escludiamo che questo sia il primo capitolo di una serie di avventure di padre Amorth contro i demoni sparsi nel mondo. Da raggiungere con la sua Lambretta “griffata” Ferrari, anche se non è credibile. Ma d’altronde lui è modenese, ex partigiano cattolico, fa “cucù” alle suore e ha sempre la battuta pronta, perché è anticonformista rispetto a come il pubblico si immagina gli esorcisti. La forza del film, comunque assolutamente nella media e dimenticabile, sta in questa nuova veste tra detective e super eroe con i super poteri (della fede) del protagonista. Alla sua prima prova nel genere horror, Crowe è più che pronto a una serie di sequel.
Tra battute da eroe da action-movie e gigionerie da simpaticone, questo Amorth – di certo più simpatico dell’originale – ruba la scena e catalizza l’attenzione grazie alla riuscita costruzione del personaggio e alle fattezze straripanti di Crowe, che nel doppiaggio ha la voce di Luca Ward, del Gladiatore, come è giusto che sia. Impossibile non tifare per questo esorcista che se ne va in giro in Lambretta e non disdegna la fiaschetta del whisky. Quindi, se non cercate il classico film del terrore ma qualcosa a metà tra il fanta-thriller e l’intrattenimento puro, è il titolo giusto che fa per voi (per inciso: la sala era piena, una rarità di questi tempi).
Questa la trama. È il 1987 e padre Gabriele Amorth, capo esorcista del Vaticano, viene chiamato a liberare un ragazzo da una possessione demoniaca. Ma, come nel novantotto percento dei casi – come spiega lo stesso Amorth-, si tratta solo di un caso di problemi psichici. Quello che fa la differenza, una differenza abissale (è il caso di dirlo) è quel due per cento di casi che Amorth chiama “il Male”, come spiega al cospetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, divisa nelle fazioni del cardinale Sullivan, esponente della nuova generazione ecclesiastica, e il cardinale Lumumba, rappresentante del vecchio ordine. A mediare tra le due posizioni è il Papa, che spedisce Amorth in Spagna, dove all’interno dell’abbazia di San Sebastiano (che ha già dato problemi in passato, ammette il Pontefice), secondo la segnalazione del presbitero padre Esquibel (Daniel Zovatto), è in corso una possessione demoniaca di un bambino, che si trova lì con la sorella maggiore e la madre vedova. Ma il luogo nasconde molto di più e il demone in questione è molto potente e conosce Amorth: lo stava aspettando. Per metterlo di fronte ai suoi incubi peggiori, per costringerlo a fare i conti con un terribile passato. Ma la sfida che lancia questo demone non è soltanto all’esorcista più bravo che c’è ma a tutto il Vaticano. E’ in gioco il futuro della Chiesa (e in qualche modo della stessa fede, lascia intendere il film). Da cui lo scontro finale a mo’ di film degli Avengers. I nessi con la realtà dei fatti narrati nei libri di Amorth su cui si basa la sceneggiatura non mancano, ma scopo della pellicola è coinvolgere lo spettatore nella battaglia a colpi di sovrannaturale, per la salvezza di tutti i fedeli cattolici. Sì, perché più vanno avanti le indagini di Amorth più si scopre che il luogo maledetto dove sorge l’abbazia fu teatro di qualcosa di terribile, che ha a che fare con l’Inquisizione spagnola e con i crimini di cui si macchiò la Chiesa.
Per come si chiude la vicenda non escludiamo che questo sia il primo capitolo di una serie di avventure di padre Amorth contro i demoni sparsi nel mondo. Da raggiungere con la sua Lambretta “griffata” Ferrari, anche se non è credibile. Ma d’altronde lui è modenese, ex partigiano cattolico, fa “cucù” alle suore e ha sempre la battuta pronta, perché è anticonformista rispetto a come il pubblico si immagina gli esorcisti. La forza del film, comunque assolutamente nella media e dimenticabile, sta in questa nuova veste tra detective e super eroe con i super poteri (della fede) del protagonista. Alla sua prima prova nel genere horror, Crowe è più che pronto a una serie di sequel.
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