Mes, la Camera deserta e il segnale del premier. De Luca: “Una furbata”
PARLAMENTO CAMERA DEI DEPUTATI MONTECITORIO AULA
Senza scomodare la teologia, ma i segni – anche in politica – sono per chi sa intenderli. Il segnale di ieri mattina è stato quello di un’aula parlamentare praticamente vuota. Alla Camera non c’era quasi nessuno, eppure si sarebbe dovuto parlare del tema dei temi, della madre di tutte le battaglie: la ratifica del Mes. Ma tanta attesa era evidentemente malriposta. E non certo per cattiveria, né per spirito di contraddizione con Bruxelles. Giorgia Meloni era stata chiarissima: ha chiesto tempo e lo ha ottenuto. Alla maggioranza, infatti, è bastato presentare una sospensiva di quattro mesi per ottenere il congelamento del dibattito, alla Camera, sulla ratifica del fondo salva Stati. Il segnale è stato interpretato, da tanti illustri osservatori, come quello di un’apocalisse imminente. Che non s’è verificata, nemmeno questa volta. Per altri, ugualmente illustri, si è trattato quantomeno di una scortesia. Meloni non avrebbe avuto il buongusto di evitare di criticare la Bce e Christine Lagarde e questo poco prima dell’incontro al consiglio europeo. Come se Meloni non fosse la premier della terza economia dell’Ue ma sorta di signorina Silvani, convocata d’urgenza dal gran Consiglio dei Dieci Assenti della Megaditta comunitaria. Tra tanti pareri discordanti, tra Savonarola e Fantozzi, forse, per capire bene cosa sia avvenuto ieri sarebbe bene prestare ascolto a quello che ha detto quella vecchia volpe della politica che risponde al nome di Vincenzo De Luca. Dal solito “angelus” sui social, ‘o governatore ha spiegato ai “suoi” (per quanto tempo ancora?) che l’analisi da fare sul caso è una sola. “La furbata del nostro presidente del Consiglio è questa: ‘noi non approviamo il Mes, unico Paese in Europa, perché in questo modo possiamo tenere per la gola tutti quanti quando si apre la trattativa sul patto di stabilità, le cose che riguardano i migranti’ e così via”. Sono le basi della politica. Per sperare di ottenere successo in una trattativa è necessario vendere a carissimo prezzo, quello che la controparte vorrebbe. L’Ue vuole il Mes. L’Italia chiede di rivedere le regole sul patto di stabilità e una nuova strategia sull’immigrazione. Ognuno giocherà le sue carte, come a una mano di poker, con la speranza di vincere il piatto. Ma sapendo già che spartirlo sarà già un successo. De Luca, una vita intera in politica, prima segretario locale del Pci (quando le nomenklature ancora contavano qualcosa a sinistra) e poi sindaco e infine governatore, sa bene quali sono le regole del gioco della politica. Ma De Luca non fa l’analista, bensì il politico. E sa che anche lui deve fare il suo gioco. Per questa ragione, lui ritiene – in polemica con un governo nei confronti del quale ha ingaggiato una guerra totale, dall’autonomia differenziata fino al riparto dei fondi per la sanità – punta le sue fiches sul fatto che Meloni stia bluffando: “Siccome alla fine dell’anno il Mes lo approveranno comunque, la sensazione è che, anziché tenere per la gola tutti gli altri Paesi d’Europa, ci stiamo facendo tutti nemici”.
Torna alle notizie in home