La Venere a Napoli è l’ultimo caso di una generazione lasciata sola
La Venere degli stracci inaugurata pochi giorni fa
La Venere degli Stracci, a Napoli, è andata a fuoco. Dietro a tale atto, volontario, ci sarebbe una nuova challenge social che da qualche giorno rimbalzava tra le chat dei più giovani. L’ennesimo atto che – se ne sarà confermato il movente – si aggiunge alle tante sfide, molto spesso finite male, che hanno visto protagonisti i più giovani. Dall’incidente di Casal Palocco, teatro della challenge “50 ore su una Lamborghini” e dello scontro fatale che ha visto la morte del piccolo Manuel di cinque anni, fino ai pericolosi tuffi tentati sulle rive del fiume Secchia, nel modenese, dove un diciottenne ha perso la vita per registrare un video destinato a You Tube. Una sequenza paurosa che mette nel mirino, ma soprattutto che preoccupa, il quotidiano dei giovani nel nostro Paese, spesso lasciati a loro stessi, spesso alla mercè delle piattaforme web – poco controllate e ormai parte della quotidianità – e, probabilmente, ancora vittime delle conseguenze del periodo pandemico e di chiusura.
Napoli a Fuoco: tra social e baby gang
L’ultima azione, messa in atto è proprio quella che ha visto protagonista la “Venere degli stracci”, l’opera di Michelangelo Pistoletto, che ieri mattina attorno alle 5.30 ha preso fuoco. L’installazione era stata presentata il 28 giugno scorso, come prima opera della rassegna “Napoli Contemporanea 2023”, nata con lo scopo di dare spazio all’arte contemporanea nelle strade e nelle piazze della città. Sono stati proprio gli stacci – che rappresentavano simbolicamente gli scarti e i rifiuti e che la Venere ha il potere di rigenerare – a prendere fuoco nella cornice centralissima della piazza Municipio, rimessa a nuovo dopo lunghi lavori. Un incendio che è stato domato dai Vigili del Fuoco, che però non hanno potuto salvare l’opera, se non la sua struttura portante. Dopo i primi rilievi sono iniziate indagini della polizia per l’individuazione dei colpevoli, con le ricerche che sembrerebbero prendere la strada di una possibile challenge social. Questo perché, secondo quanto detto dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, era in corso una sorta di sfida virale che vedeva l’opera come possibile bersaglio di un atto di vandalismo. Le notizie, in tal senso, giravano da giorni tra le chat, ma forse per una sottovalutazione del caso, nessun provvedimento preventivo è stato preso. E così Napoli si è svegliata con un rogo acceso e un’opera d’arte irrecuperabile. La pista “challenge” non è confermata, difatti, le indagini curate dalla polizia municipale non escludono la pista del dolo da parte di una delle tante baby gang che imperversano e agiscono nella zona del centro cittadino del capoluogo campano. A fare luce sulle ricerche, la possibilità da parte delle forze dell’ordine di acquisire le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nella zona della città e capire se ad appiccare il fuoco sia stata una banda di giovani organizzata – o a postare l’atto sui social, o a rivendicare lo sfregio cittadino.
Venere a fuoco a Napoli: una generazione dietro lo Smartphone
I trend sono sempre più folli, le sfide ad alto rischio e le azioni sempre più pericolose. Eppure ormai da anni, ma soprattutto dal periodo pandemico in poi, i più giovani si interfacciano con il mondo sempre più spesso quasi esclusivamente attraverso lo schermo di uno smartphone. Le chiusure forzate durante l’emergenza Covid hanno accelerato questo fenomeno, portando ancora più sfere del quotidiano sul piano del digitale, tra cui la scuola e il tempo libero, che rappresentano le principali fonti di socialità. Non una colpa, di certo, dei ragazzi, che si sono ritrovati a condividere tutto attraverso lo smartphone in un periodo di crescita fondamentale e spesso pregnante per gli anni a venire. Un obbligo che ha cambiato le modalità di fare rete e che ha creato, spesso, una realtà parallela a quella del mondo reale, fatto di rapporti personali e di contatti. Conseguenze che si sono fatte notare anche sulla formazione scolastica, su cui il divario (soprattutto tra nord e sud) aumenta, ma soprattutto sul linguaggio dei giovani, vittima di un peggioramento complessivo in tutto il Paese. A darci un quadro, sono state le prove Invalsi.
Giovani bocciati dal rapporto Invalsi
I dati sono allarmanti. Dal Rapporto Prove Invalsi e Maturità 2023 emerge che un maturando su due non capisce ciò che legge. E non solo: appena il 51% degli studenti al quinto anno di superiori raggiunge il livello base di comprensione di un testo in italiano. Ancora effetto del Covid? Secondo il presidente dell’Invalsi Roberto Ricci, parte di questi risultati fanno ancora parte della scia delle difficoltà vissute dagli studenti durante il periodo emergenziale. “È un’immagine appropriata, si fatica a tornare a livelli pre-Covid. Gli apprendimenti sono un continuum, se si inseriscono discontinuità questo finisce per avere un peso” ha dichiarato. Da qui si spiegherebbe anche il divario tra Nord e Sud salito al 23%, in un’Italia dove l’istruzione sembra non fornire pari opportunità tra le diverse aree geografiche. Preoccupato, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: “Gli esiti Invalsi 2023 sono un elemento di forte preoccupazione. L’elemento di preoccupazione è il solito: l’Italia è divisa in due con ragazzi del Mezzogiorno fortemente pregiudicati nelle opportunità formative e occupazionali rispetto agli studenti di aree più avvantaggiate del Paese”. Così il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara a margine della presentazione dei dati Invalsi. Una distanza che deve essere colmata e, dice il ministro: “Da qui la decisione di presentare anche con il contributo di Invalsi, e la collaborazione di Indire, una Agenda Sud in dieci punti che prevede l’individuazione di scuole dove maggiori sono le fragilità del contesto sociale per abbandoni, insuccesso formativo e assenze”. Un piccolo passo per aiutare i giovani, ma in un macrocontesto che dalla scuola passa alla socialità. Forse quello che serve è più vicinanza e più consapevolezza nei confronti di una generazione che è cambiata e non assomiglia tanto a quelle precedenti.
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