L’INGRANDIMENTO – “Cure sbagliate”: due indagati per la morte di Purgatori
Omicidio colposo per “cure sbagliate” questa la motivazione con cui due persone – un medico e un tecnico di una struttura diagnostica – sono state iscritte nel registro degli indagati nel procedimento aperto dalla Procura di Roma sulla morte del giornalista Andrea Purgatori. Una inchiesta aperta a seguito della denuncia presentata dai familiari della vittima, venuta a mancare lo scorso 19 luglio in un ospedale romano a causa di una “breve malattia fulminante”. Erano stati gli stessi parenti a fornire alla stampa questa versione, omettendo la tipologia della malattia che è stata fatale per il cronista. Purgatori, da quanto si apprende, soffriva di una grave forma tumorale, per la quale era stato sottoposto a visite in più di una clinica della capitale.
“Cure sbagliate”: la denuncia della famiglia di Andrea Purgatori
Ma per la famiglia la diagnosi e le cure sarebbero state sbagliate. Per capire da dove nascono i dubbi dei familiari bisogna tornare al 24 aprile scorso, quando il giornalista, malato, si era presentato alla porta della clinica Margherita, di Roma. Lì i medici avevano condotto sul paziente una Tac e una biopsia. Purgatori, poi, per ulteriori accertamenti era approdato alla clinica Pio IX, sempre nella capitale, dove aveva ricevuto una grave diagnosi: un tumore ai polmoni con metastasi anche al cervello. Diagnosi a cui erano seguite le indicazioni di terapia, che era iniziata con un ciclo di radioterapia, ad alto dosaggio, in una terza clinica romana. Dopo qualche settimana, le cure sembravano funzionare e, dalla nota clinica Pio IX, avevano fatto sapere al giornalista che la terapia sembrava fare effetto, con miglioramenti visibili. Eppure, dopo una ennesima visita alla clinica Margherita – la prima in cui il giornalista si era recato – non erano emerse, dalla Tac, le metastasi al cervello. Un responso che era stato confermato da una nuova equipe di medici, che non solo aveva decretato la mancanza di metastasi, ma aveva spiegato la presenza di lesioni al cervello come segni di un’ischemia. Ora, il tutto è in mano alla Procura di Roma, che dovrà approfondire sugli eventuali errori da parte dei sanitari che avevano in cura il giornalista. Per questo, sono state sequestrate le cartelle cliniche e saranno ascoltati i sanitari coinvolti, in attesa dell’autopsia sul corpo che verrà effettuata all’inizio della prossima settimana, probabilmente nella giornata di lunedì 24 luglio. Un esame che dirà molto sulla morte del giornalista: se l’esame confermerà la presenza di metastasi, l’indagine potrebbe andare verso un’archiviazione, altrimenti, assisteremo all’inizio di una battaglia legale.
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