Politica

Salario minimo: Schlein cambia strategia e apre a Meloni

di Cristiana Flaminio -

ELLY SCHLEIN SEGRETARIA DEL PARTITO DEMOCRATICO


Salario minimo, Schlein cambia tutto. Non si rifiuta mai una mano tesa. E se Giorgia Meloni apre, seppur con timidezza e con tanti distinguo, a un salario minimo, Elly Schlein coglie subito l’invito a un dialogo. “Sono disponibile anche domattina a un incontro con lei e con il governo”, ha affermato la segretaria dem agli Stati generali organizzati dal Partito socialista che si era detta “felice di leggere che ci sarebbe stata un’apertura”. Unica condizione, per forza di cose: la maggioranza deve ritirare un emendamento che sopprimerebbe l’ipotesi del salario minimo. In realtà, le posizioni tra la premier e la segretaria Pd non potrebbero essere più distanti. Per Meloni si tratterebbe non più che di un’integrazione da corrispondere al lavoratore quando la retribuzione effettivamente sborsata dal datore di lavoro non raggiunga una soglia minima, che i dem vorrebbero stabilire in nove euro l’ora.

Riccardo Magi, esponente di Più Europa, sarà anche scottato per il voltafaccia Pd sulla proposta legata alla gestazione per altri ma sussurra a Elly di non fidarsi. “Le parole di Walter Rizzetto di Fdi sembrano svelare il giochetto di Meloni: aprire al salario minimo per rinviare la discussione. Un vero e proprio trappolone per togliersi dall’impaccio di dover spiegare perché hanno detto no a una misura di civiltà e allo stesso tempo far stare buone le opposizioni fino a che il tema non sarà caduto nel dimenticatoio”. Rizzetto, tirato in ballo dall’esponente radicale, dopo l’apertura di Schlein ha affermato: “È esattamente quanto avevo chiesto io in commissione Lavoro alle opposizioni, suggerendo di portare il provvedimento a settembre per ottenere una più ampia discussione e dare le risposte migliori. Anche perché la loro proposta che resta, come ho già avuto modo di dire, senza coperture- comunque, prenderebbe vita non prima di novembre 2024. Il tempo, quindi, c’era – prosegue Rizzetto-. Avevo suggerito questa soluzione perché da sei proposte si è arrivati a una che, inevitabilmente, ha alcuni caratteri diversi dalle precedenti: quindi serviva quantomeno un ulteriore breve ciclo di audizioni. La risposta è stata una porta chiusa in faccia. Evidentemente Schein ha cambiato idea”. Scettico anche Arturo Scotto: “Memorandum sul salario minimo: la destra non ha mai proposto un tavolo. Soltanto un rinvio a settembre perché spiazzata dalla proposta unitaria delle opposizioni di tre settimane fa”.

Applaude, a Meloni, anche Carlo Calenda. Che in un twitt ha invitato tutti a fumare il calumet della pace: “Sono felice che ci sia un’apertura da parte del governo a discutere di salario minimo. Sospendiamo le polemiche e proviamo a fare insieme qualcosa di utile per l’Italia”. Se saranno rose, fioriranno. Intanto Meloni, però, dovrebbe innanzitutto far cambiare idea ad (almeno) un paio di ministri del suo governo che sul salario minimo si sono già espressi. In maniera molto pessimista. Il primo è stato il vicepremier Antonio Tajani, che ha evocato lo spettro del bolscevismo: “Una misura da Unione Sovietica”. Meno teatrali, ma ugualmente pesanti, sono state le parole del ministro del Mare Nello Musumeci: “Basta assistenzialismo”.


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