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Nel basso medioevo del tennis ci sono solo Djokovic e Alcaraz

di Redazione -


di RAPHAEL D’ABDON

Avevo già fatto notare come in questa epoca di basso medioevo del tennis, nella quale l’inettitudine regna sovrana, non si può fare alcun tipo di affidamento sui primi 20 tennisti del mondo, che spesso e volentieri vengono messi alla berlina da giocatori di bassa o bassissima caratura.

Ciononostante, il sentore è che nei Master 1000 appena conclusi, Toronto e Cincinnati, quasi tutti i favoriti abbiano tirato i remi in barca e giocato deliberatamente contro l’ATP la quale, chiamando in causa obblighi contrattuali, diritti televisivi ed esigenze economiche, li aveva costretti a partecipare ad entrambi i tornei. Supposizioni, certo, ma le lamentele insistenti di giocatori e giocatrici, la sfilza di ritiri sospetti e le fughe di massa nei turni preliminari sono indicazioni inequivocabili, che gettano dubbi concreti sulla reale volontà dei big di spendere il 100% delle proprie energie nei due 1000 materasso della stagione.

Toronto, vinto da Sinner su de Minaur, verrà ricordato come uno dei cinque Master 1000 più farseschi degli ultimi dieci anni, insieme a Parigi Bercy 2017 (vittoria di Sock su Krajinovic), Miami 2021 (Hurkacz su Sinner), Toronto 2021 (Medvedev su Opelka) e Montreal 2022 (Carreño Busta su Hurkacz); Cincinnati ha rischiato seriamente di finire negli stessi annali di storia circense a causa di una moria di teste di serie speculare a quella che ha immiserito la rassegna canadese; deo gratias, per la gioia di organizzatori e spettatori, ci hanno pensato Carlos Alcaraz e Novak Djokovic a tenere in piedi la baracca, mettendo in scena un epilogo stellare e confermando per l’ennesima volta che il tennis d’elite è sempre più un affare privato tra loro due.

Lo spagnolo, reduce dallo scivolone di Toronto, aveva faticato parecchio (match point salvato in semifinale con Hurkacz) per arrivare allo scontro con la sua nemesi; il serbo, che tornava a calcare i campi statunitensi dopo un anno di stop forzato a causa delle leggi liberticide sui vaccini anti-covid, aveva invece regolato in due set tutti i malcapitati avversari (compreso l’idolo di casa Fritz, polverizzato 6/0 6/4 nei quarti). Finale al cardiopalma, durata quattro ore, giocata sul filo di lana, con un Carlito in grande spolvero e un Nole imperiale, capace di annullare un match point nel tie break del secondo set e di salire in cattedra nel terzo, chiuso anch’esso al tie-break e al quinto match point.

Adesso una settimana di meritato relax per tutti e poi Flushing Meadow: conferma per il GOAT o rivincita per il torello? Terzi incomodi per il momento non sembrano essercene, nè in Italia nè altrove.


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