Attualità

Piombo e pomodori, il coraggio dei diritti: la lezione di Jerry Masslo

di Angelo Vitale -


L’anniversario: trent’anni dall’omicidio di Jerry Masslo

“Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo c’è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del Terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro Paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.

Parole del 1989, dette al Tg2 da un cittadino sudafricano di lì a pochi giorni noto in tutta Italia e in tutto il mondo, per essere stato ammazzato a Villa Literno. Si chiamava Jerry Masslo, già conosciuto dalle istituzioni fin dal suo arrivo in Italia, il 21 marzo del 1988.
Puntuale la ricostruzione, 4 anni fa, in occasione dei 30 anni dal suo omicidio, ad opera di Michele Colucci e Antonello Mangano per Internazionale: sulla scrivania del ministro dell’Interno Amintore Fanfani arrivò un dispaccio del capo della polizia, il superpoliziotto Vincenzo Parisi, che segnalava l’arrivo di Masslo a Fiumicino da Lagos e il caos che ne era derivato, dopo la sua richiesta di asilo allo sbarco, “irricevibile” perché all’epoca potevano aspirarvi, per “limitazione alla riserva geografica”, solo i cittadini dei Paesi dell’Est. Eppure Jerry era stato perseguitato per aver aderito all’YMCA dell’arcivescovo anglicano Tutu e durante i tumulti gli erano stati uccisi dalla polizia i genitori e un figlio di 7 anni”.
Masslo rimase in una cella dello scalo aereo per 2 giorni, nonostante la fretta della polizia di disfarsi di un caso bollente, già finito nella lente dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e di Amnesty international.
La soluzione fu rabberciata: Masslo aveva chiesto l’espatrio in Canada e per rimanere in Italia bastava solo la certezza temporanea di un’assistenza, che gli venne dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Tenda di Abramo.
Quasi naturale, poi, il suo arrivo nel Casertano che gli costò la vita. Il litorale domiziano, con la sua scandalosa “piazza degli schiavi”, era divenuto l’approdo di migliaia di immigrati africani pagati 800 o 1000 lire a cassetta per la raccolta di pomodoro. Un caporalato spia della stabile pressione dell’economia criminale sulla provincia. Un degrado sociale pieno, con volantini che invitano esplicitamente alla “caccia al nero”. L’humus per l’episodio della sera del 24 agosto 1989, quando Jerry e altri 28 immigrati finirono nel mirino di una rapina finita in sparatoria ad opera di 4 giovani del posto, oggi liberi seppur condannati nel 1991 a pene tra i 12 e 18 anni: Giovanni Florio, Giuseppe Caputo, Michele Lo Sapio, Salvatore Caputo.
Masslo ebbe funerali di Stato, presente il ministro degli affari esteri Gianni De Michelis. A Villa Literno arrivò la presidente della Camera per incontrare Cgil e immigrati. A Roma sfilarono in 200 mila, italiani e stranieri. Il governo Andreotti varò un decreto che poi divenne la legge Martelli, la prima per i diritti degli immigrati, che nel 1990 erano 600 mila.


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