Politica

I numeri della manovra: quei trenta miliardi fra promesse e rinunce

di Domenico Pecile -

GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO SALVINI MINISTRO GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO


I numeri della manovra: quei trenta miliardi fra promesse e rinunce

Per evitare dispute ideologiche o, come le definirebbe il ministro all’Economia, Giancarlo Giorgetti, chiacchiere da bar sport, meglio affidarsi al rigore dei numeri; e sono numeri davvero poco tranquillizzanti quelli che ci proiettano al prossimo, imminente autunno in cui il Governo dovrà affrontare una manovra da capogiro. No, non è bastata la stangata dell’aumento dei tassi grazie all’entrata a gamba tesa della Bce, pronta pure, tramite la presidente Christine Lagarde, a motivare il no alla tassa sulle banche. E neppure il rincaro della benzina e il carrello della spesa il cui prezzo non ne vuole sapere di diminuire nonostante l’inflazione dà segnali di arretramento. In futuro, infatti, la situazione potrebbe aggravarsi. Lo dicono, appunto, i numeri. Ne ha fatto cenno il ministro Giorgetti al meeting di Rimini affermando che le nozze non si fanno coi fichi secchi. Idea che ieri ha ribadito con forza – e l’invito corre anche al leader della Lega, Matteo Salvini prodigo di promesse – che bisogna smetterla coi sogni da calciomercato perché servono rinunce. La manovra di Bilancio, cui guardano Governo e opposizione, vale circa 30 miliardi. Già, ma dove recuperarli, visto che sono esclusi aumenti del deficit?

Ieri, con il primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva è stato di fatto inaugurato il cantiere della manovra. E infatti la riunione ricognitiva – perché la legge di Bilancio 2024 non compariva all’odg – è stato un primo bagno di realismo politico per il Governo. Della serie: sogni tanti, ma risorse poche per i dossier aperti. Alla vigilia del Cdm si era parlato, fuori onda, anche di un disegno di legge per gestire le ricostruzioni e di un Dpcm per rendere operativo il memorandum di intesa per Tim firmato il 10 agosto tra il Mef e il fondo Usa Kkr. Sempre ieri Meritocrazia Italia ha presentato un articolato documento al Governo prima del Cdm in cui, tra l’altro, ha invitato a “non differire più da una riforma fiscale su parametri di equità e sostenibilità” che punti anche a “una riduzione della pressione fiscale a favore delle famiglie e delle imprese, senza trascurare la lotta serrata all’evasione fiscale”. Nel vertice di ieri ovviamente c’è stato spazio anche per par lare di immigrazioni e di caro carburanti, due temi in parte divisivi anche per il Centro destra.

In particolare, la situazione immigrati è off-limits. Il ministro Adolfo Urso ha ricordato la drammatica situazione di Lampedusa nel cui centro di raccolta ci sono 4.300 ospiti a fronte di una capienza massima stimata in 400 persone. Urso ha parlato di “situazione insostenibile. Questa è la porta d’ingresso dell’Europa e l’Ue deve intervenire con noi”. Il primo cittadino dell’isola, Filippo Mannino, ha invitato il premier Giorgia Meloni a una due giorni sull’isola per trovare una soluzione condivisa e soprattutto percorribile. Salvini annuncia da giorni per il prossimo mese di settembre un nuovo pacchetto sicurezza di cui ancora non c’è traccia. Il sindaco forzista di Trieste, Roberto Dipiazza, suggerisce di usare le “centinaia di caserme militari vuote del Friuli Venezia Giulia vuote per fare fronte a questa “invasione di migranti”. L’opposizione fa l’opposizione e attacca alzo zero il Governo per la gestione dell’ennesima emergenza.

E Don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, sostiene che “sui migrati il Governo sbaglia, ora servono soluzioni condivise. Gli accordi con Libia e Tunisia per arginare le partenze sono inefficaci, si investa sui corridoi umanitari”. Insomma, divisi alla meta. Anche perché il fronte della protesta dei primi cittadini sul nodo accoglienza fa registrare anche i mali di pancia dei sindaci di centro destra. Situazione non dissimile, per quanto riguarda il rapporto Governo-Regione anche sulla ventilata riforma sulle autonomie locali che potrebbe aprire un altro fronte di protesta all’insegna del tutti contro tutti. Insomma, tante le nubi all’orizzonte e non solo in senso metaforico. La nuova sfuriata del maltempo con la relativa conta dei danni ancora in corso ha riaperto le ferite degli interventi nelle zone maggiormente colpite in passato e delle necessarie, nuove coperture che vanno messe a disposizione degli enti locali in tempi rapidissimi.

Sì, tanta, troppa carne al fuoco per un Paese che torna a mostrare fragilità strutturali e miopia della politica tutta. I cui partiti sono già in fibrillazione in vista delle Europee del prossimo anno. Le tensioni più palpabili si registrano dentro il centrodestra con lo scontro tra i due vice premier, Tajani e Salvini. Il primo ribadisce che FI non si alleerà mai con Le Pene e Afd, mentre Salvini ribatte che il centrodestra deve essere unito anche in Europa. Tra i due sono in corso scintille pure sulla questione della privatizzazione dei porti e sulla vicenda del generale Vannacci, contestato dal ministro degli Esteri e difeso da quello delle Infrastrutture.


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