Esteri

A Riad cade il velo degli Stati Uniti: guardie di frontiera sotto accusa

di Ernesto Ferrante -


L’avvicinamento a Pechino ha privato Riad dell’immunità di cui aveva goduto negli ultimi anni da parte degli Stati Uniti. Dopo che Human Rights Watch ha incolpato le guardie di frontiera saudite di sparare su migranti etiopi disarmati al confine con lo Yemen, il Washington Post ha riportato la notizia di un pressing da parte dell’amministrazione Biden per individuare quali elementi delle forze di sicurezza siano i responsabili.

Parla l’ambasciatore degli Stati Uniti a Riad

La monarchia del Golfo ha negato tutto. Gli Usa, secondo funzionari Usa citati dal Post, stanno anche spingendo gli ex alleati di ferro in funzione anti-iraniana a individuare le unità che, stando a vittime e testimonianze, hanno usato mortai, armi leggere e si sono rese responsabili di esecuzioni per uccidere centinaia, forse migliaia di persone. Tante donne, molti bambini. Michael Ratney, ambasciatore Usa a Riad, ha parlato del caso con le autorità saudite, prima della pubblicazione del documento. L’esercito americano è stato impiegato per l’addestramento del personale sospettato degli abusi per ben otto anni, a partire dal 2015, e fino al mese scorso. Una preparazione articolata, hanno confermato fonti del Dipartimento di Stato e della Difesa, condotta dall’Army’s Security Assistance Command (Usasac) e incentrata sulla divisione marittima delle guardie.

“No comment” dall’ambasciata saudita. Le accuse sono arrivate in un momento estremamente delicato nelle relazioni tra i due Paesi. Se è vero che sono stati tagliati gli aiuti militari diretti al regno dopo che l’Aeronautica saudita è finita nel mirino per il bombardamento di civili in Yemen, prosegue invece a tutto spiano un programma di vendite di armi, il cui valore supera i 140 miliardi di dollari.


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