Politica

La sfida di Meloni e il “nuovo corso” dopo le Europee

di Domenico Pecile -

GIORGIA MELONI PREMIER


Giorgia Meloni all’Assemblea Nazionale di Fratelli d’Italia guarda alle elezioni Europee e al “nuovo corso”.

Se non fosse per una totale e incolmabile idiosincrasia, Meloni potrebbe mutuare la famosa frase di Mao Zedong quando disse che “Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”. E la confusione nei cieli dell’Ue è palpabile e incipiente e quindi foriera di fibrillazioni e cambiamenti soprattutto in chiave di equilibri politici. Il prossimo anno si vota e le danze sono già iniziate. E la Meloni pare avere ancora il vento in poppa, consapevole che Fratelli d’Italia potrebbe diventare benissimo il primo partito d’Europa per numero di rappresentanti. E con un peso elettorale importante il premier potrebbe tranquillamente giocare su due tavoli.

Nicola Procaccini, suo braccio destro per l’Europa, lascia aperta ogni porta e fa capire che in Europa vale il principio delle maggioranze variabili, in nome di un pragmatismo tutto interno alle istituzioni europee. Insomma – e questo non lo pensa soltanto lui, ma una consistente parte del partito – le condizioni per replicare in Europa la maggioranza italiana esistono, magari escludendo i partiti di estrema destra. Non a caso Meloni non esclude l’ipotesi di spostare a destra l’asse dei Popolari. “C’è stata una rivendicazione orgogliosa del nostro percorso fatto con Ecr, di cui Giorgia è presidente e si continua su quella strada” ha aggiunto ieri a margine dell’assemblea nazionale l’eurodeputato Carlo Fidanza. La Meloni con maggiore senso della tattica assicura di voler rinviare ogni ipotesi politica seria a dopo il voto (“Fare il congresso prima delle elezioni europee sarebbe un errore”, ha detto infatti ieri).

La sua tentazione, da attuale presidente del gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei, potrebbe anche essere quella di un partito conservatore a sua guida che non si preclude alleanza alcuna. Il premier ha infatti mandato a dire nei giorni scorsi che non metterà veti ad alcuni e non ha quindi escluso a priori la possibilità di costruire un’intesa con i partiti come il Rassemblement national di Marine Le Pen e l’Afd tedesca. Partiti estremisti esplicitamente anti-europeisti alleati della Lega. Le porte, come detto, restano aperte e anche girevoli. Meglio allora, come ha fatto all’assemblea nazionale, parlare per adesso di interessi dell’Italia, senza addentrarsi in tematiche che potrebbero creare fibrillazioni nel centro destra. “Noi siamo al governo della Nazione – ha detto – e per noi fare gli interessi dell’Italia è prioritario. E sono certa che anche i nostri preziosi alleati di governo siano consapevoli del fatto che il peso che tutti insieme abbiamo sulle spalle è talmente grave da non consentirci di sprecare energie in eventuali atteggiamenti egoistici di qualsiasi genere”. L’avviso ai naviganti è chiarissimo: “Guai a chi non avesse chiaro che la priorità deve essere soltanto il bene della Nazione”.

Il riferimento pare correre dritto a Salvini che ha riscoperto la sua vocazione più grande: il movimentismo. Non a caso anche in questa fase preparatoria della Manovra finanziaria è quello che accampa più pretese nonostante gli inviti alla prudenza del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, suo collega di partito. Quanto al futuro dell’Ue, Salvini non lascia spazio a ipotesi che non siano quelle di un accordo con la destra estrema di Marine Le Pen e i tedeschi dell’Afd, che convivono assieme alla Lega sotto lo stesso tetto del gruppo di Identità e Democrazia. “Chi non viole un accodo con Le Pen, preferisce Macron”, sta ripetendo ormai come un mantra.
La replica più dura era arrivata dal suo collega vice premier, il forzista Antonio Tajani. “Non è questione di veti – aveva riferito – ma di realtà. Noi del Ppe non potremo mai accettare un’intesa coi partiti anti europeisti come quello di Le Pen e l’Afd”. Poi, replicando direttamente a Salvini aveva aggiunto: “Se preferisco Macron? Per la visione dell’Europa certamente sì”. Insomma, per il ministro degli Esteri non valgono le logiche italiane. E quindi il suo sogno sarebbe una colazione con popolari, conservatori, liberali e magari i socialisti in posizione defilata. Pare di capire che lo scontro è soltanto rinviato anche perché Tajani ha il dente avvelenato con il leader del Carroccio perché non lo votò quando fu eletto presidente del Parlamento europeo. Rimane però da capire quale sarà la forza di FI da qui alle europee.

E nella partita europea si è già catapultato il leader di Italia viva, Matteo Renzi. Che che nei giorni scorsi ha annunciato il battesimo della sua nuova creatura politica, “Il Centro”, aggiungendo che parteciperà alle europee al motto di “Né Le Pen, né la Schlein”, ovvero quelli che lui definisce i populismi di Destra e di Sinistra. “Noi non andiamo a Pontida ma a Santa Severa – ha affermato ieri – per la festa di Iv, in contrasto con Le Pen ma anche con i 5Stelle e il Partito democratico. Noi siamo di centro, né Meloni, né Salvini, e nemmeno Schlein e Conte”.


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