Esteri

India, il suocero di Sunak: “I giovani devono lavorare 70h a settimana”

di Martina Melli -


India – NR Narayana Murthy, magnate del software e suocero del primo ministro britannico Rishi Sunak, ha dichiarato in un podcast che i giovani dovrebbero essere pronti a lavorare 70 ore a settimana per aiutare lo sviluppo del Paese. “La produttività del lavoro in India è una delle più basse al mondo. Se non miglioriamo la produttività del nostro lavoro… non saremo in grado di competere con quei Paesi che hanno fatto enormi progressi. Quindi la mia richiesta è che i nostri ragazzi dicano: ‘Questo è il mio Paese. Mi piacerebbe lavorare 70 ore a settimana’”.

L’intervento è subito diventato virale scatenando una pioggia di critiche a Murthy ma anche diversi messaggi di sostegno e approvazione. Molte critiche sottolineavano i bassi stipendi iniziali degli ingegneri delle aziende tecnologiche indiane tra cui la Infosys, di cui Murthy è co-fondatore.

Le condizioni di lavoro in India

Gli indiani già lavorano molte ore: secondo il rapporto dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, prima della pandemia gli indiani lavoravano in media oltre 2.000 ore ogni anno, una cifra molto più elevata rispetto a Usa, Brasile e Germania. Dunque si tratta di un argomento delicato: all’inizio di quest’anno, le proteste dei lavoratori e dei leader dell’opposizione hanno costretto il governo dello stato del Tamil Nadu a ritirare un disegno di legge che avrebbe consentito di aumentare l’orario di lavoro nelle fabbriche da otto a 12 ore.

Murthy aveva già affrontato critiche nel 2020, quando aveva suggerito che gli indiani lavorassero per un minimo di 64 ore a settimana per due o tre anni al fine di compensare il rallentamento economico causato dal Coronavirus. L’anno scorso, un altro Ceo indiano aveva suggerito che, all’inizio della loro carriera, i giovani lavorassero 18 ore al giorno.

Mentre l’India discute se legalizzare giornate lavorative più lunghe, alcuni Paesi hanno sperimentato settimane di quattro giorni. Questo perchè, come afferma l’Ilo citando uno studio condotto su 45 aziende negli Stati Uniti: “Le aziende che attuano politiche di conciliazione tra lavoro e vita privata beneficiano di una maggiore fidelizzazione degli attuali dipendenti, di un migliore reclutamento, di tassi di assenteismo più bassi e di una maggiore produttività”.


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