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Nonno Euro: ha solo 25 anni ma è già vecchio

di Angelo Vitale -


“L’euro ha 25 anni: il valore dell’unità in un mondo che cambia”: appare ancora un anelito, a distanza di un quarto di secolo da quel primo gennaio 1999, il titolo scelto da Paschal Donohoe (presidente dell’Eurogruppo), Christine Lagarde (vertice della Banca centrale europea), Roberta Metsola (presidente del Parlamento europeo), Charles Michel (presidente del Consiglio europeo) e Ursula von der Leyen (che il 31 ottobre dell’anno che segna i 25 anni della moneta unica europea concluderà il suo mandato alla guida della Commissione europea) per un intervento comune su questa celebrazione. Che concludono richiamando le parole dello scrittore francese Anatole France: “Per realizzare grandi cose, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare. Non solo progettare ma anche credere”. Ancora la riaffermazione di un proposito, “mentre il mondo intorno a noi si trasforma”. “La nostra moneta comune europea – dicono i leader europei – è diventata una parte indispensabile della nostra vita quotidiana, regalandoci semplicità, stabilità e sovranità”, ricordando pure i dubbi che si sono rincorsi negli anni, sul decollo e sul futuro della moneta da 25 anni circolante in Europa.

Entrò in vigore come denaro contante tre anni dopo, in dodici degli allora quindici Stati dell’Unione. Oggi è stata adottata da venti Stati su ventisette, riunendoli nella zona che dalla moneta ha preso il nome, oltre due milioni e mezzo di chilometri quadrati, poco meno di 350 milioni di abitanti.

All’epoca i mercati ne furono traumatizzati, anche perché nel pieno dell’impennata del prezzo del petrolio dopo l’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. In Italia l’impressione generale, che governa tuttora parte del sentire comune, fu quella di una conversione dalla precedente e amatissima lira riducendo della metà il valore reale della moneta. Complice inavvertito dai più l’incedere traumatico dei cambiamenti climatici, i raccolti dei prodotti alimentari si erano ridotti e aumentarono i prezzi di quanto ogni giorno veniva acquistato dalle famiglie per il generale e largo consumo.

Le polemiche furono immediate, da allora mai sopite. L’Istat negò un effetto inflattivo dell’euro. L’Eurispes sostenne il contrario. Gli economisti internazionali e quelli del nostro Paese si divisero. Riserve pesanti sulla moneta unica espressero i premi Nobel Milton Friedman, Amartya Sen, Joseph Stiglitz, Paul Krugman, Christopher Pissarides e James Mirrlees. Da noi, sono tuttora argomento di discussione e confronto le posizioni di Paolo Savona, più volte ministro e contrario agli stessi parametri di Maastricht, ritenuti troppo rigidi in una economia che richiede flessibilità. Per lui, era allora impreparata l’Italia a entrare nell’euro, diventando parte integrante del sistema monetario di un’Europa che un suo pamphlet definì “dai piedi di argilla”.

Tra i promotori della manovra economica del governo oggi in carica, due dei maggiori oppositori dell’euro, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, da un anno a misurare in Parlamento i riflessi delle loro considerazioni sull’euro nell’azione pratica dell’esecutivo. Borghi, in particolare, dieci anni fa aveva partecipato a scrivere l’ European Solidarity Manifesto, una delle prime proposte pubbliche di segmentazione controllata dell’Eurozona. Un anno dopo, un suo testo per la Lega Nord significativamente intitolato “Basta Euro”.

Più di undici anni fa, invece, il “Whatever ita takes” di Mario Draghi, da governatore della Bce, alla Global Investment Conference di Londra nell’ambito della crisi del debito sovrano europeo, per affermare con chiarezza che l’istituto avrebbe fatto appunto “tutto il necessario” per salvare l’euro dalla speculazione. In quell’occasione lo paragonò a un bombo “che non dovrebbe essere in grado di volare, eppure ci riesce”. La manovra di Draghi riuscì, i mercati rallentarono il possibile ampliarsi della speculazione.

Oggi, il nemico principale rimane l’inflazione, che la Bce non riesce a frenare. Mentre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, avanza il progetto di moneta digitale europea “per integrare le nostre banconote e monete di fiducia”, appellandosi a cittadini e imprese per sostenerlo. Un euro digitale, per fare più forte la moneta contante cresciuta debole in Stati ancora convinti dell’unità europea. Nonostante le ricorrenti e frequenti crepe e i conflitti alle porte che ne minacciano lo schema.


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