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A City Life Milano va in scena “Il ballo del mattone”

Tra palazzinari, perquisizioni e grattacieli da copertina, il capoluogo lombardo si risveglia con la Gdf alla porta e qualche certezza in meno. Ma si sa: qui si cade quasi sempre in piedi

di Andrea Fiore -


Oh raga, stavolta è arrivata la sveglia a volume massimo. Altro che brunch in Porta Nuova. Ieri mattina Milano si è alzata con più di ottanta finanzieri che hanno bussato (anzi, sfondato) porte in Comune, negli uffici fichissimi degli architetti, e pure a casa di qualche pezzo grosso dell’immobiliare.

No, non è un episodio di “Milano da bere – la serie”. Si tratta di un’inchiesta lunga tre anni, con accuse che fanno tremare pure i pannelli fotovoltaici del Bosco Verticale.

Corruzione, falsi, scambi di favori: un bel mix che pare uscito da un vecchio manuale della Milano degli anni ’80.

I salotti buoni

Al centro della grana c’è la solita questione: chi decide dove si costruisce, con che soldi e soprattutto, a vantaggio di chi.
Dicono che qualche decisione urbanistica sarebbe passata prima da certi salotti, e solo dopo dai tavoli istituzionali.
Come dire: prima si fa l’aperitivo e poi l’approvazione del progetto.

Tra gli indagati, ci sarebbe anche Giancarlo Tancredi, assessore alla rigenerazione urbana (già dal nome sembra uno che comanda un feudo), e Manfredi Catella, il boss di Coima, quelli che a Milano ormai hanno più metri quadri del Monopoli.

E Sala? Ecco, qui si apre il vero capitolo meneghino. Non è indagato, ma da un paio d’anni a questa parte non se la passa benissimo: traffico da girone dantesco, case che costano come lingotti d’oro, cantieri ovunque e pure la bici te la rubano più in fretta.

Amici e nemici

Ora gli cade tra capo e collo anche questa botta giudiziaria, che sarà pure laterale, ma politicamente fa un rumore che pare una ruspa in retro. I detrattori, quelli che non vedono l’ora di fargli la festa, già parlano di fine corsa. I fan, pochi ma rumorosi, dicono: “Aspettiamo la giustizia, non facciamo processi in piazza”. E lui, per ora, muto. Però diciamolo: la mannaia non lo ha preso in testa, ma l’ha ciapà un bel stremizi.

E qui veniamo a Milano, quella vera, quella di chi si alza la mattina, si infila nella metro che non parte, lotta per una casa in affitto che costa quanto un mutuo in Svizzera e ogni giorno deve decidere se fare la spesa o pagare l’abbonamento ATM.
Questa Milano guarda i palazzi di vetro che crescono ovunque e si chiede: ma tutto questo ben di Dio, chi se lo gode davvero? Perché se da un lato siamo diventati una città internazionale, bella, in vetrina, che se la tira quanto basta… dall’altro lato c’è gente che vive in 45 metri quadri senza balcone a 1.200 euro al mese. Con vista cantiere, ovviamente.

Quando tocca

Milano si infila il vestito buono, ma sotto la giacca spuntano toppe sfilacciate. Va veloce, si mostra elegante, ma i problemi sono lì, nascosti. Quando arriva la Gdf, è come se suonasse il campanello l’idraulico per dirti che il tubo nuovo è stato pagato in nero e senza ricevuta, sono 230 euro. Fa un certo effetto.

Poi, non è che la corruzione l’abbiamo inventata adesso. Quando han tirato su il Duomo, vuoi che non sia girato qualche scudo in più sotto banco? Magari anche quando han fatto il Castello, solo che almeno lì è venuto fuori qualcosa che ancora oggi ti fa dire “ammazza che roba”. Adesso, invece, spesso ci troviamo con dei parallelepipedi tristi pieni di uffici per start-up fallite e appartamenti che nemmeno i figli del Qatar si possono permettere.

L’è minga la prima volta

E adesso? Adesso si aspetta. La giustizia farà il suo corso, gli indagati diranno la loro, e i milanesi si faranno il mazzo come sempre. Perché la verità è che Milano, anche imbruttita, resta in piedi.

Ma stavolta, se vogliamo continuare a puntare ai grattacieli, conviene tenere gli occhi aperti anche a terra, dove si cammina davvero.

Per adesso, tiriamo il fiato. E come dice il cugino di Rozzano, quello sveglio:
“L’è minga la prima volta. Ma sperem sia l’ultima.”


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