La scelta di Donald Trump di ritirarsi dal sostegno all'Ucraina, ha lasciato l'Europa nella condizione di dover “saldare il conto”
Il Consiglio europeo informale che si è tenuto ieri al Palazzo Christiansborg di Copenaghen ha ricordato uno dei tanti gabinetti di sicurezza nei Paesi belligeranti. Tra inni al riarmo, provvedimenti “emergenziali” e misure tipiche dell’economia di guerra, si è già capito che dal Consiglio europeo vero e proprio del 23 e 24 ottobre non bisogna aspettarsi niente di buono. Nell’Unione Europea “dobbiamo riarmarci tutti”, ha detto la premier danese Mette Fredriksen. Tanti saluti all’austerity, tratto distintivo per anni della politica danese. La nuova parola d’ordine è spendere per la guerra.
Un mandato per abbattere i droni
La socialdemocratica si è anche premurata di far sapere che in Danimarca il governo ha sicuramente un “mandato” per abbattere droni che sorvolino il territorio senza autorizzazione. Sarebbe opportuno che la socialdemocratica spiegasse con maggiore chiarezza chi è stato a conferirlo e se nel frattempo è stata disposta qualche sospensione delle regole e delle prassi che valgono per i membri della Nato.
La posizione ungherese
“Bruxelles si sta preparando alla guerra e vuole che siano gli europei, compresi gli ungheresi, a pagarne il prezzo. Nell’ambito di questa preparazione bellica, la Commissione europea ha redatto un bilancio settennale che riguarda più l’Ucraina che l’Unione europea”, ha scritto il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto in un post su X, lamentando che la bozza, si concentra sul finanziamento dell’esercito e dello Stato ucraini invece di affrontare “le vere sfide dell’Europa, come il ripristino della competitività, la garanzia della sicurezza energetica e la ricostruzione della crescita economica”.
La ricetta di von der Leyen
“Oggi stiamo erogando 4 miliardi di euro per l’Ucraina. E come concordato con loro, la metà sarà dedicata ai droni”, ha affermato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen entrando alla riunione informale. La motivazione addotta è la solita degli ultimi tempi: l’Ucraina viene considerata la prima linea di difesa europea. Il capo dell’esecutivo Ue spinge per un prestito di riparazione per l’Ucraina sulla base dei beni congelati alla Russia.
“Non stiamo confiscando i beni – ha assicurato – ma stiamo prendendo i saldi di cassa per un prestito all’Ucraina. L’Ucraina dovrà restituire questo prestito se la Russia pagherà le riparazioni, perché il colpevole deve rispondere” dei danni causati. Per indorare la pillola ha evidenziato che è un modo per evitare di continuare a far pagare gli aiuti a Kiev ai contribuenti europei. In realtà è un atto di cortesia verso Berlino. La Germania, infatti, è fermamente contraria ad ogni tipo di debito comune.
A pagare sarà l’Europa
La scelta di Donald Trump di ritirarsi dal sostegno all’Ucraina con le tasche degli americani, ha lasciato l’Europa nella condizione di dover “saldare il conto”. La Bce nutre forti perplessità sull’iniziativa di von der Leyen, perché ritiene che potrebbe danneggiare il ruolo dell’euro come valuta di riserva, come ha confermato anche di recente la presidente Christine Lagarde. Esistono poi questioni inerenti il rispetto del diritto internazionale, sollevate da Francia e Belgio.
Il gestore di nomina russa della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia ha dichiarato che la situazione presso la struttura è “sotto controllo”, ridimensionando l’allarme lanciato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il carburante a disposizione sarebbe sufficiente per mantenere in funzione i generatori elettrici di riserva.