Cultura & Spettacolo

A Milano, quello che vedete non è né cibo, né arte

di Nicola Santini -


A Milano la mostra alla Galleria Gaburro “Quello che vedete non è né cibo né arte

Mentre leggete questo articolo, pensate a un gesto che dieci anni fa esisteva appena: sedersi a tavola e fotografare il cibo per vederlo postato su Instagram dieci minuti dopo. Nella società contemporanea il cibo ha assunto e assume nuove caratteristiche. Riprodotto costantemente da immagini che popolano i media e i social network, è oggi paradigma della spettacolarizzazione della vita quotidiana. Seguendo l’aforisma di Daniel Spoerri che dà il titolo alla mostra, l’esposizione vuole costruire un dialogo intergenerazionale e intermediale a partire dall’artista romeno, che conserva e preserva scene di vita ordinaria facendo riferimento alle ritualità spettacolari del consumo dei pasti o di qualsiasi azione. Inserendosi in un’ampia riflessione sulla quotidianità, sulla ritualità, sull’alchimia e sul cibo (“sul cibo, con e senza il cibo, attraverso il cibo e il corpo”), quattro artisti declinano, consapevolmente e in modo sempre differente, un aspetto della poetica di Spoerri. Quello che vedete non è né cibo, né arte – il titolo del nuovo progetto di Galleria Gaburro nello spazio espositivo di via Cerva 25 a Milano – esplora l’immaginario di Daniel Spoerri con un percorso di 27 opere che, fino al 31 Gennaio 2025, sfidano la percezione dei visitatori intrecciando presenza e assenza, reale, iperreale e surreale. “Siamo legati a Daniel da circa dieci anni, ci siamo incontrati in Austria durante una festa di Pentecoste di Hermann Nitsch. Parlando con lui, ho colto quel carisma e quella forza che appartengono ad un grande maestro. La sua personalità, ruvida ma incredibilmente acuta e perspicace, mi ha affascinato. Da allora, abbiamo sempre creduto e investito nel suo lavoro. Il nostro rapporto con Iain, invece, è molto più recente: ci ha accolto nella sua casa-studio a Manchester, e noi lo abbiamo ospitato qui in Italia. Tra Milano, Verona e Firenze, gli abbiamo fatto scoprire le meraviglie della storia dell’arte italiana”, racconta Giorgio Gaburro, Founder di Galleria Gaburro. La mostra collettiva – curata da Matteo Scabeni con lavori firmati da Iain Andrews, Leda Bourgogne, Nebojsa Despotovic, Daniel Spoerri e Malte Zenses – interpreta infatti l’alchimia della tavola, dove tutto è una trasformazione costante e ripetuta della realtà.
Nei tableau-piège (quadri trappola) Daniel Spoerri , ricostruisce le architetture delle tavole imbandite, intrecciando simbolismi e suggestioni intime e biografiche.
Iain Andrews cattura un’atmosfera surreale e un dolore esistenziale, liberando l’arte attraverso la leggerezza del gesto pittorico. La stessa leggerezza degli oggetti appesi alle pareti, intrappolati nella rappresentazione, di Spoerri. Indagando le pratiche di controllo del corpo, luogo di volontà, Leda Bourgogne esplora il tema dell’auto-difesa e dell’auto-controllo. Le sue opere, contrapposte per materiali, riflettono un andamento tra stress e distress, rappresentando un percorso di liberazione e riappropriazione dell’identità attraverso contrazione, concentrazione e catarsi. Nebojsa Despotovic si appropria degli anfratti misteriosi della memoria per celebrare la pittura come narrazione intima e personale. Le sue opere, caratterizzate da atmosfere espressionistiche, esplorano la quotidianità degli oggetti di Spoerri, creando un nesso tra realtà e soggetto in cui le figure si collocano sul fragile confine tra ciò che è vero e la deformazione estetica del ricordo.
La poetica di Malte Zenses esplora memoria e oblio, offrendo un’educazione al ricordo e alle sensazioni che ci ancorano alla realtà e alla vita.


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