Attualità

Accordi e testamenti, sviluppi dell’inchiesta sulla dynasty Agnelli

di Ivano Tolettini -


Nella dynasty degli Agnelli, che vede indagati per presunte violazioni fiscali e truffa allo Stato, ipotesi da provare in sede processuale, i tre fratelli Elkann (John, presidente di Stellantis Lapo e Ginevra), il commercialista di fiducia Gianluca Ferrero (presidente della Juve) e il notaio svizzero Urs von Grünigen, le date sono fondamentali. Come quella dell’accordo transattivo del 18 febbraio 2004 quando Margherita Agnelli, l’artefice delle azioni civili e penali nei confronti dei tre figli di primo letto (cui ne sono seguiti altri quattro avuti dal banchiere De Pahlen), a Ginevra firma con la madre Marella Caracciolo un patto tombale con cui in cambio della rinuncia alla partecipazione nelle cassaforte Dicembre tramite la quale Gianni Agnelli fino alla morte avvenuta il 24 gennaio 2003 guidava l’impero controllando anche Exor spa, e le cui quote la figlia le cede alla madre, si fa liquidare in denaro, titoli e beni di varia natura tra cui capolavori della pittura l’equivalente di 1,3 miliardi di euro. Margherita teme che la non florida situazione finanziaria della Fiat possa travolgere i suoi interessi. Per questo decide di smarcarsi dal resto della famiglia. Anche in seguito a questo atto Margherita, che sostiene che le era stato nascosto parte del tesoro del padre messo al sicuro in società offshore, avvierà una causa civile davanti al tribunale di Torino nel 2020 per chiedere “l’invalidità o l’inefficacia del testamento della madre Marella – morta il 23 febbraio 2019 a Villa Frescot – sottoscritto il 12 agosto 2011 con aggiunte del 14 agosto 2012 e del 22 agosto 2014”. Ma a far cambiare il pendolo finanziario degli Agnelli ci aveva pensato Sergio Marchionne, diventato amministratore delegato di Fiat il 1° giugno 2004 (ecco perché le date sono importanti), che nel giro di qualche anno non solo aveva fugato i timori del dissesto che allarmavano Margherita, ma aveva radicalmente cambiato la traiettoria dello storico marchio dell’industria automobilistica italiana con l’operazione Chrysler negli Stati Uniti benedetta da Obama nel 2009, che in un biennio aveva mutato lo stato di salute del gruppo torinese grazie agli straordinari utili per vagonate di dollari macinati dal grande manager italo-canadese. E quando Marella Caracciolo morì indicò i nipoti John, Lapo e Ginevra suoi eredi legittimi, tagliando fuori dalla successione la figlia e gli altri nipoti Peter, le gemelle Anna e Sofia, e Tatiana De Pahlen, che avviarono tre cause distinte in Svizzera (indicate negli atti come Ginevra III, Thun I e Thun II). Margherita ha titolo per lamentarsi o l’accordo transattivo le preclude di partecipare al banchetto faraonico? In questo contesto si colloca la denuncia presentata alla Procura di Torino sostenendo di essere stata vittima di “un complotto”, ipotesi che finora non hanno trovato conferma in sede civile e penale. Tuttavia, l’inchiesta da un lato si concentra sul trattamento fiscale del versamento del vitalizio annuo di 8 milioni di euro da parte di Margherita alla madre dal 2016 al 2019 perché non sarebbe stato soggetto a tassazione in Italia; dall’altro vuole capire se i fratelli Elkann non hanno pagato le tasse di successione – di qui l’ipotetica truffa allo Stato – sui 734 milioni che furono trasferiti in Liechtenstein dopo la morte della nonna, e che il nonno Gianni aveva versato alla Bundeena Consulting nelle Isole Vergini. Non solo, le indagini della Finanza e della Procura piemontese vogliono comprendere se Marella aveva vissuto, come sostengono i nipoti, la maggior parte dell’anno in Svizzera e pertanto era nella Confederazione che doveva regolare i suoi rapporti col Fisco, oppure in Italia, ma in questo caso i patti successori ginev rini non hanno validità perché contrari al nostro diritto e, pertanto, Margherita e i suoi figli più giovani rientrerebbero in gioco per spartirsi l’Eldorado Exor, che negli anni si è moltiplicato anche grazie alle intuizioni strategico-finanziarie di Marchionne. Si spiega perché dopo che il tribunale del Riesame di Torino aveva dissequestrato i documenti che gli inquirenti avevano sigillato a febbraio, giovedì sono di nuovo stati sequestrati e il fascicolo ha visto l’iscrizione anche di Lapo e Ginevra Elkann. Nelle perquisizioni, ad esempio, nello studio del commercialista Ferrero è stato recuperato il documento che recita che “finché la signora X è viva il nostro obiettivo principale deve essere quello di mantenere e proteggere il suo permesso permanente di residenza in Svizzera”. È il vademecum, secondo i Pm, della presunta frode. Ma è proprio così?


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