Esteri

Accordo su Gaza, Hamas fa la sua controproposta

di Ernesto Ferrante -


Inizierà oggi al Cairo un nuovo ciclo di negoziati per arrivare a un accordo tra Israele e Hamas che porti alla liberazione degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza e un cessate il fuoco. A affermarlo è il canale di informazione egiziano Al Qahera News.
La controproposta dei miliziani islamisti palestinesi contiene un piano per il cessate il fuoco in tre fasi, con uno stop nei combattimenti di quattro mesi e mezzo. Nei primi 45 giorni, secondo la bozza visionata dall’emittente al-Jazeera, si prevede che vengano rilasciati tutte le donne israeliane che sono ancora prigioniere nell’enclave, così come i maschi che hanno meno di 19 anni, gli anziani e i malati. In cambio Tel Aviv darà indietro le donne e i minorenni palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.
Nella seconda fase toccherà ai restanti ostaggi maschi, mentre la terza fase prevede la consegna alle autorità israeliane dei corpi delle persone che sono rimaste uccise durante i combattimenti. Hamas ha precisato che vuole indietro 1.500 detenuti palestinesi, 500 dei quali saranno selezionati tra chi è stato condannato all’ergastolo dalla magistratura israeliana.
Proprio sul numero, il Qatar ha comunicato una buona notizia ai miliziani. Le autorità israeliane sarebbero disponibili ad arrivare dai tremila ai cinquemila. Doha ha anche offerto il ritorno degli sfollati palestinesi nelle loro case a Gaza, come parte dell’intesa, e la costruzione di nuovi e migliori campi profughi e la ristrutturazione dei servizi idrici e fognari.
Hamas ha chiesto al Qatar, all’Egitto, agli Stati Uniti, alla Turchia, alla Russia e all’Onu di garantire l’attuazione della loro proposta di tregua.
Nel governo dello Stato ebraico si starebbe discutendo se respingere in blocco le richieste formulate dal gruppo palestinese o avviare un negoziato per tentare di smussare, spuntando condizioni più digeribili per parte dell’opinione pubblica israeliana e soprattutto per le componenti estremiste dell’esecutivo di Benjamin Netanyahu.
Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas ha espresso il suo apprezzamento per la decisione dell’Arabia Saudita di condizionare la normalizzazione dei rapporti con Israele all’avvio di un processo serio, credibile e in tempi rapidi per la formazione di uno Stato palestinese e al ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza.
Attivisti hanno organizzato una manifestazione davanti all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) vicino a Ramallah, in Cisgiordania, contro la sospensione dei finanziamenti, decisa da certo numero di paesi, tra cui Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Canada. Si rischia la catastrofe umanitaria.
I combattenti yemeniti Houthi nello Yemen hanno lanciato sei missili balistici antinave contro navi nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. A renderlo noto su X è stato il Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom). Tre razzi sono stati puntati contro la MV Star Nasia, che navigava sotto bandiera delle Isole Marshall ma di proprietà greca. Due esplosioni sono state registrate vicino al mercantile. “La MV Star Nasia rimane idonea alla navigazione e prosegue verso la sua destinazione”, ha affermato il Centcom.
Altri tre missili antinave lanciati dallo Yemen hanno puntato la nave di proprietà del Regno Unito MV Morning Tide. Sono atterrati in mare, vicino all’imbarcazione, e non sono stati segnalate vittime.
L’Iran non fornisce armi ai miliziani. Lo ha ribadito l’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite Amir Saeid Iravani nel corso di una intervista alla Nbc, respingendo le accuse in tal senso. Il diplomatico ha invece ammesso che Teheran ha armato Hamas e altri miliziani palestinesi, ma “non li stiamo dirigendo”. Nessuna partecipazione all’assalto di inizio ottobre. “Non abbiamo preso parte a questa decisione. E’ stata una decisione palestinese ed è stata messa in atto dai palestinesi. Noi non abbiamo alcun ruolo in questo”, ha detto Iravani, aggiungendo che “non vogliamo una crisi nella regione”.


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