Attualità

Acqua: se gli italiani non conoscono il servizio idrico

di Angelo Vitale -


Acqua protagonista di primo piano delle cronache da oltre un anno. Per la siccità e l’emergenza che non si è mai fermata dopo aver trasformato la cartina del Paese. Per le alluvioni e le inondazioni che hanno colpito le più diverse aree dell’Italia. Quella del rubinetto, ogni giorno, è garantita dal “servizio idrico integrato” ma per tutti è semplice acqua. Una “distanza” dal suo vero significato che Laboratorio Ref Ricerche e Amapola hanno voluto indagare con un white paper intitolato Cittadini dell’acqua. Il servizio idrico – questa la presentazione – ha cambiato marcia negli ultimi dieci anni, ma non sono pienamente noti ai cittadini i passi compiuti per la gestione industriale e il governo del settore, ostacolato nel suo sviluppo da una frattura con gli operatori. E allora la scelta di partenza è stata quella di mettere a confronto le opinioni dei cittadini con quelle degli “addetti ai lavori”, per il rischio che “il percepito dei cittadini si scontri con le esigenze più profonde del servizio idrico, note a tecnici ed esperti e necessarie per affrontare le sfide del futuro”.

Un servizio idrico sconosciuto ai più. L’acqua, dalla natura alle nostre case, percorre un lungo tragitto. E continua a correre, per essere depurata e restituita in natura. E’ poi un servizio meno costoso rispetto agli altri servizi pubblici locali, in media meno di 350 euro l’anno a fronte dei circa 800 per l’energia elettrica e gli oltre 600 per il gas. Ne emergono percezioni sbagliate: per un cittadino su sei il gestore si occupa solo della fornitura, quattro su dieci pensano che sia l’azienda idrica a decidere la tariffa, circa uno su tre ammette di non sapere quanto costi.

Né sappiamo molto sugli investimenti svolti: il 48% non sa a quanto ammontino, due cittadini su tre ne ritengono adeguato il livello. E meno di un cittadino su due conosce l’esistenza di una società di gestione del servizio idrico nel proprio territorio: l’11% ammette di non sapere chi eroga il servizio, il 30% ritiene che si tratti del Comune, un altro 14% indica lo Stato, la Regione o la Provincia, soggetti questi ultimi che sono errati.

Ma c’è anche altro. “Non sapere di cosa si occupa il gestore – sottolinea la ricerca – si riflette sul 28% che reputa che l’acqua del rubinetto non sia di buona qualità. La scelta di consumarla è una questione geografica e generazionale. I più giovani, più sensibili alla sostenibilità, la privilegiano: la sceglie il 57% fra i 18 e i 24 anni, rispetto al 47% negli over 64. Differentemente, l’acqua del rubinetto è di buona qualità in quota diversa tra Nord (77%), Centro (70%) e Sud (66%), in modo armonico rispetto al consumo di acqua del rubinetto”. Denotando così una scelta spesso condizionata dalla qualità – presunta o reale – dell’acqua erogata.

Sulla bolletta, poi l’assenza di conoscenza è quasi totale. Quattro su dieci pensano che sia l’azienda del servizio idrico a decidere in autonomia la tariffa senza conoscere quindi l’esistenza di Arera, che la regola a livello nazionale. Uguale confusione sul costo di un metro cubo: solo il 40% lo riconosce, un 30% è completamente fuori strada, un altro 30% ammette di non averne idea.

E così accade che non sapere chi è il responsabile dei soldi riscossi, dell’uso che se ne fa, dei servizi inclusi a tariffa, con la distanza tra prezzo e valore dell’acqua porta a leggere la bolletta come un balzello da pagare, piuttosto che come un costo necessario per la risorsa, il servizio e il suo parziale ripristino in natura.


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