Adesso chi attacca chi sulla giustizia?
Doppio attacco al ministro della Giustizia da parte della magistratura a soli due giorni dall’approvazione al Senato della riforma che introduce la separazione delle carriere.
Il primo affondo è giunto dal plenum del Csm che ha approvato una delibera a tutela del giudice Raffaele Piccirillo, criticato da Nordio per le sue dichiarazioni sul caso Almasri, per il quale il Guardasigilli è indagato. Il Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto di fare quadrato attorno al magistrato enfatizzando “la gravità delle affermazioni rese dal ministro della Giustizia, per il loro potenziale impatto sulla fiducia dei cittadini nella funzione giudiziaria”. Quindi, riassumendo, secondo il Csm un magistrato è legittimato ad attaccare un ministro per il suo operato – attenzione, non in un’aula di Tribunale, ma a mezzo stampa – però lo stesso non vale al contrario. Ovvero, sempre secondo il Csm, il Guardasigilli non avrebbe dovuto replicare ai commenti poco lusinghieri di Piccirillo nei suoi confronti per il rischio che quelle parole possano “condizionare il sereno e indipendente esercizio della giurisdizione”, oltre che minare l’idea che gli italiani hanno della magistratura.
Una posizione alla quale Nordio controbatte facendo notare che il “dottor Raffaele Piccirillo, magistrato in servizio in un ufficio di altissima responsabilità si è pronunciato nel merito di un giudizio in corso davanti al tribunale dei ministri, dove io sono indagato”. E quasi a voler fare ulteriormente trasparire quella che evidentemente il ministro considera come una certa strumentalità della delibera del Csm, Nordio ricorda che il giudice in questione “inoltre, si è espresso in termini critici nei confronti della Procura Generale di Roma e della stessa Corte d’Appello. Non mi risulta che a tutela di questi magistrati sia stata aperta una pratica”.
Il secondo attacco diretto al titolare di Via Arenula è stato se possibile ancora più duro e diretto e la sensazione è che sia assolutamente sintomatico del clima avvelenato che ormai, tanto più con l’avanzare dell’iter parlamentare della riforma della Giustizia, regola i rapporti tra governo e toghe. Questa volta a sferrare il colpo è l’Anm che ha pubblicato un documento risalente al 1994, trasmesso a mezzo fax presso la sede del sindacato dei magistrati, sul quale compare la firma di Carlo Nordio, che all’epoca indossava ancora la toga, accanto a una serie di critiche proprio contro la separazione delle carriere. Una mossa con la quale l’Associazione nazionale magistrati ha tentato di portare alla luce quella che considera una contraddizione del Nordio pubblico ministero rispetto a quella del Nordio ministro. Anche in questo caso, però, il Guardasigilli non è rimasto silente e ha ricordato come è da circa trent’anni che sostiene la bontà della separazione tra le carriere dei magistrati inquirenti e di quelli requirenti, senza per questo negare di aver cambiato idea circa a quanto pensava precedentemente. Anzi, spiega come è stato proprio il drammatico epilogo di un’inchiesta di cui era titolare a fargli cambiare idea. La stessa idea che oggi è il cuore della riforma della Giustizia della quale fa parte anche la novità del sorteggio dei componenti del Csm il cui obiettivo, ha detto ancora il ministro Nordio, è proprio quello di porre un freno alla “degenerazione correntizia”, emersa in occasione dello scandalo che ha coinvolto l’allora numero uno dell’Anm Luca Palamara.
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