Affari di guerra: ecco chi chi guadagna davvero
Affari di guerra: ecco chi ci guadagna davvero con il conflitto russo-ucraino. Con lo strappo di Erdogan nei confronti di Putin si allontana ancora di più la possibilità di avviare negoziati di pace con la Turchia come mediatore. Con il sì di Ankara all’ingresso della Svezia nella Nato da un lato e la consegna dei cinque comandanti del battaglione Azov a Kiev dall’altro, si incrinano pericolosamente i rapporti tra il sultano e il capo del Cremlino. Ma il punto è un altro: a chi conviene tutto questo? Al di là del fatto che Erdogan in cambio del sì all’ingresso di Stoccolma nell’Alleanza atlantica ha ottenuto gli F-16 e – ancora più importante – l’ingresso della Turchia nella Ue, a chi giova che la guerra proseguirà ancora? Non alla Nato. Ma di sicuro all’industria bellica. E più in generale agli Stati Uniti, gli unici – oltre alla Turchia – a guadagnarci dal conflitto russo-ucraino.
Altro doppio strappo con Mosca da parte di Erdogan è l’ok alla costruzione di una fabbrica per la produzione di droni killer turchi in Ucraina (che Mosca bombarderà appena inizierà la costruzione) e l’aver fatto trapelare la notizia che se la Russia non rinnoverà l’accordo sulla circolazione del grano ucraino nel Mar Nero (che scade il 17 luglio e che conviene molto ad Ankara), sarebbe pronta a preservare tale commercio inviando navi da guerra turche a scortare i cargo di Kiev. Mossa che equivarrebbe al casus belli della terza guerra mondiale.
In questo scenario va dunque molto ridimensionato il vertice di Vilnius. A maggior ragione che al penultimo summit, quello di Madrid, si erano presi impegni pro Ucraina e anti Russia che non hanno sortito l’effetto sperato. Al di là delle dichiarazioni di facciata, è palpabile il malcontento di molti Paesi Nato per il protrarsi del conflitto nel Donbass. Guerra che, come spiega l’analista Usa Scott Ritter (ex ufficiale dei servizi segreti del corpo dei Marines), è la diretta conseguenza del deliberato sabotaggio da parte dell’allora premier britannico Boris Johnson di un accordo di pace russo-ucraino che avrebbe dovuto essere firmato il 1° aprile 2023 a Istanbul e della decisione degli Stati Uniti, nel maggio 2023, di estendere all’Ucraina un’assistenza militare superiore a 45 miliardi di dollari. Washington punta a portare avanti il più possibile “una guerra per procura – con la manovalanza ucraina che si sposa con le attrezzature della Nato – finalizzata a ottenere quella che l’ambasciatore statunitense presso la Nato Julianne Smith, nel maggio 2022, ha definito la sconfitta strategica della Russia in Ucraina”, spiega Ritter sul sito d’informazione Consortium News. Sconfitta che a tutt’oggi non c’è stata.
Le continue sconfitte ucraine pesano sulla coesione dell’Alleanza atlantica
“La portata e l’entità della sconfitta militare ucraina sono tali che l’attenzione di molti membri della Nato sembra essersi spostata dall’obiettivo irrealistico di sconfiggere strategicamente la Russia – sostiene Ritter – a quello più realistico di ottenere una cessazione del conflitto che preservi l’Ucraina come Stato nazionale”.
Ma l’analista Usa si spinge oltre e fa una previsione tutt’altro che rosea per il destino dell’Alleanza atlantica. “L’incapacità nel cercare di fermare l’accumulo di disfatte che rappresentano l’attuale politica della Nato nei confronti dell’Ucraina si tradurrà in un ulteriore collasso della situazione militare in Ucraina e della situazione politica in Europa che, nel loro insieme, avvicinano la Nato al momento della sua definitiva scomparsa”, afferma Ritter.
“Questa prospettiva non fa ben sperare coloro che hanno il compito di dare un’immagine il più possibile positiva della realtà. Ma la Nato – è il giudizio senza appello dell’analista Usa – ha smesso da tempo di confrontarsi con un mondo basato sui fatti, per trasformarsi in un teatro dell’assurdo in cui gli attori si illudono di credere alla storia che stanno raccontando, mentre il pubblico li guarda con sgomento”.
Affari di guerra
Ritter ha prestato servizio nell’ex Unione Sovietica per l’attuazione dei trattati sul controllo degli armamenti, nel Golfo Persico durante l’operazione Desert Storm e in Iraq per la supervisione del disarmo delle armi di distruzione di massa. La sua analisi sullo stato della famigerata controffensiva è impietosa: un fallimento totale. Nonostante il flusso continuo di armamenti Nato alle truppe ucraine e nonostante l’addestramento per l’impiego di armamenti sempre più sofisticati. Puntualmente distrutti dalle forze russe. Servono sempre più armi: un business senza paragoni. Ecco, è questa la chiave: finché c’è guerra c’è guadagno. Per non parlare del fatto che gli Usa stanno indebolendo sempre di più l’economia Ue, già colpita dalle sanzioni che dovrebbero indebolire Mosca, che in questa emergenza guerra si vede costretta dalla Nato a spendere per gli armamenti per rifornire gli arsenali. Altri soldi che vanno nelle casse dei fornitori di armamenti Nato, gli Usa.
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