Esteri

Affari esteri

di Giovanni Vasso -


Ad Abu Dhabi, Giorgia Meloni ha preso due piccioni con una fava: da un lato ha spazzato via le ombre che, negli anni scorsi, si erano stese sui rapporti tra l’Italia e gli emirati arabi, dall’altro ha rafforzato le potenzialità strategiche del piano Mattei. Ma le alleanze, prima che politiche, sono sempre economiche. E se in India la scena è stata tutta per Leonardo, negli Eau la protagonista assoluta è stata Eni. Che oggi firmerà, con Adnoc, la compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi, un memorandum d’intesa che consolida l’alleanza con il Cane a Sei Zampe. E lo farà mentre Meloni sarà ospite dello sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Meloni, negli Emirati, scaccia via le nubi sui rapporti diplomatici. Che erano stati messi in discussione, ai tempi del Conte bis, dalla scelta del governo di allora di frenare le esportazioni di armi verso l’area del Golfo Persico. Quella decisione innescò la reazione degli arabi che sfociò nelle scelta di negare agli italiani l’utilizzo della base aerea di Al Minhad e il transito di un C-130 dell’Aeronautica che, nel giugno del ’21, era diretto a Herat, in Afghanistan. Pace fatta, dunque. Come in India, dove è stato archiviato, una volta per tutte, il caso marò. Ma Italia ed Emirati, nonostante le tensioni, non avevano mai smesso di collaborare e commerciare tra di loro. E un ruolo importante e decisivo lo ha recitato, da sempre, proprio Eni.

Il tesoro di Ghasha

A settembre scorso, infatti, l’ad Claudio Descalzi aveva incontrato Sultan Ahmed al Jaber, ministro dell’Industria nonché Ceo dell’Adnoc. Sul tavolo, il progetto legato al giacimento offshore di Ghasha, che, potenzialmente, potrebbe produrre più di 42 milioni di metri cubi di gas al giorno e ben 120mila barili di oli minerali e condensati fossili quotidianamente. Eni, che è presente ad Abu Dhabi fin dal 2018, detiene una quota del 70% di Ghasha ed è operatore del Blocco 2. Che, già da febbraio scorso, sta dando grosse soddisfazioni e grandi speranze al Cane a Sei Zampe. Dalle analisi delle prime trivellazioni al pozzo esplorativo Xf-002, erano emersi volumi di gas grezzo stimati in circa 1,5-2 trilioni di piedi cubi.

Mal d’Africa

La presenza italiana nel Medio Oriente è strategica. E lo è, a maggior ragione, per il governo che sta puntando fortissimo sulla strategia del piano Mattei e dell’Italia cerniera energetica del Mediterraneo. Perché è vero che l’Africa è il futuro del petrolio e del gas e il Cane a Sei Zampe continua a tessere legami e relazioni, progetti e iniziative. Solo qualche giorno fa, per esempio, Descalzi si è recato a Nairobi, in Kenya, dove ha incontrato il presidente William Saoei Ruto. Ma intanto c’è da pensare al presente, dal momento che sullo scenario africano occorre investire, costruire e programmare, prima che la produzione entri a pieno regime. I tempi, però, sono lunghi. La Libia ne è il paradigma perfetto. L’accordo sottoscritto a gennaio scorso tra Eni e National Oil Company a Tripoli si concretizzerà, sul piano della produzione, solo nel 2026. E poi c’è sempre il rischio dell’instabilità politica. E intanto il fabbisogno energetico, che va soddisfatto, ora che è chiusa la via dell’Est e della Russia, passa – per forza – dalla stabilità, dai rapporti e dalle strutture, già presenti e già pienamente operative, dell’area mediorientale. Eni lo sa ed è al lavoro per rafforzare la sua presenza in una zona cruciale, e non solo per l’energia. I pontieri sono già all’opera, da settimane. Nei prossimi giorni, il presidente Federpetroli Michele Marsiglia incontrerà i rappresentanti diplomatici in Italia dei Paesi del Golfo Persico. Un appuntamento che è importante anche alla luce delle indiscrezioni, di queste ore, secondo cui gli Emirati potrebbero decidere di uscire dall’Opec+. L’obiettivo è riannodare e rilanciare alleanze, partnership e intese che possano rafforzare ancora di più la presenza italiana in un’area strategica, per il presente, mentre – con il piano Mattei – si lavora al futuro in terra africana.

Il valzer delle nomine

Intanto anche a San Donato Milanese è tempo di nomine. Descalzi viaggia verso il terzo mandato e la riconferma. Il rapporto con Palazzo Chigi è forte e il passaggio di Mario Sechi, dalla direzione dell’Agi, l’agenzia giornalistica vicina ad Eni, a quella dell’ufficio stampa della presidenza del consiglio dei ministri, ne è buon testimone. Ma ciò non vuol dire che non ci saranno (altri) cambiamenti tra i manager del Cane a Sei Zampe. Anzi. In nome dello spoil system, il governo potrebbe rimescolare le carte ai vertici dirigenziali. In bilico ci sarebbero le poltrone di Lapo Pistelli, che è stato parlamentare di lungo corso Pd, e di Claudio Granata, capo del personale. Un altro fronte, poi, riguarda l’ex ad Paolo Scaroni. Nome graditissimo a Forza Italia e Lega che potrebbe rientrare in gioco per la presidenza dell’Enel. E che potrebbe innescare un nuovo valzer di poltrone.

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