Cultura & Spettacolo

AL MERCATO SUGGESTIONI INTERNAZIONALI

di Nicola Santini -


La scritta Steak & Burgers che fa da occhiello all’insegna può essere, in prima battuta un po’ fuorviante. Perché basta dare un’occhiata a uno dei menu più equilibrati e creativi di una cucina che profuma di internazionale fatto bene e tanto quanto di italianità sussurrata nei profumi delle erbe immancabili nei diversi piatti, o delle carni nostrane, per capire che parlare solo di bistecche e hamburger rischia di essere quantomeno riduttivo.
Poi però uno li prova e capisce che, senza ombra alcuna di dubbio, effettivamente sono i migliori della città. Dalla scelta dei bun ( i panini rotondi che sono soffici e gustosi) alla composizione dell’hambuger, dalle salse preparate dallo chef agli accostamenti creativi, tutto urla qualità e cultura del mangiare bene.
Siamo racchiusi in quell’anfiteatro avveniristico della nuova Milano. Che ogni volta che ci torni ti regala un grattacielo diverso. Dalle ampie vetrate si gode una meravigliosa vista sulla biblioteca degli alberi, si inquadra il Bosco Verticale, si vede Piazza Gae Aulenti, si immagina il futuro dai cantieri impacchettati dalle grandi pubblicità di telefonia e di moda. Gli interni sono discreti, accoglienti, le luci soffuse sia di giorno che di sera. L’accoglienza cordiale.
Lo Chef è un fuoriclasse con una cultura internazionale che si esprime attraverso una sfida alle note più acute del palato, abbinando ingredienti come un direttore d’orchestra abbina gli strumenti. La sinfonia di sapori è unica. Di qualsiasi piatto di tratti. Si ha sempre la sensazione, che si vada sui piatti di terra, tanto quanto sui piatti di mare, di fare una passeggiata olfattiva tra i profumi e gli aromi di un bosco dopo la pioggia. Tutto chiama l’intensa naturalità delle erbe fresche, delle spezie, di tutto ciò che prima ancora che di stuzzicarti l’occhio e la gola, ti conquista l’olfatto.
In questo scenario Stefano Francescon è una specie di creatura mitologica a metà tra uno speziale e un alchimista. A definirlo chef e basta io, personalmente, non ce la faccio.
Si avvicina discretamente ai tavoli e studia le reazioni. La sensibilità che lo guida in cucina è la stessa che lo caratterizza nel vigilare sui palati dei propri ospiti, che coccola dall’arrivo ai saluti.
Da Francescon bisogna farsi guidare: si possono scoprire corde gustative che non sapevamo di avere. Ecco che dagli antipasti si va ai piatti forti, in una tradizione che ogni tanto si affaccia alla Francia, si miscela con l’America ma parte e ritorna in Italia in una sorta di patto di grande sincerità con la materia prima che non è mai snaturata, mai camuffata nel sapore originale, casomai valorizzata nelle sue espressioni più autentiche.
Il menu degustazione è meritevole. Si comporta come un viaggio, nel quale sali a bordo di uno strumento a più carburanti (dalle basse cotture alle fritture, dalla piastra allaglassa) e ti ritrovi un po’ ovunque, grazie alle influenze che vanno da Oriente a Occidente.


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