Attualità

Al Pride di Cremona la Madonna “sfila” nuda: inizia la sagra della provocazione a buon mercato

di Ilaria Paoletti -


Il mese del pride è appena iniziato e già spuntano le prime polemiche. Questa volta a finire nella bufera sono le effigi portate “in processione” durante la sfilata dell’orgoglio omosessuale che si è tenuta a Cremona. Nella città lombarda è la prima volta che si svolge il corteo LGBT+, e per fare l’esordio “col botto” i manifestanti intervenuti hanno pensato bene di esibire una caricatura grottesca di uno delle figure più importanti della Chiesa Cattolica. È stata infatti portata in corteo una statua della Madonna, truccata pesantemente e col seno nudo. Premesso che chi s’indigna e protesta ha tutte le ragioni per farlo, non si può non notare come il mondo LGBT+, che da sempre è sempre stato incubatore di intuizioni su moda e costume, stia iniziando a ripetersi. Nel 2021, infatti, a fare scalpore furono le rappresentazioni del Cristo Lgbt nei Pride di Roma e Milano. Nella Capitale, un ragazzo che sfilava per le strade “interpretò” la figura del Messia avvolto dalla bandiera rainbow. Nel capoluogo lombardo, invece, fu esibita una grossa croce con sopra scritte tutte le offese che i gay riceverebbero quotidianamente, tracciando un parallelo tra la crocefissione del Nazareno e la loro sofferenza. “Due rappresentazioni puramente simboliche – si affrettò a dire Fabrizio Marrazzo, portavoce nazionale del Partito Gay -, non legate a questioni di carattere religioso che sono state invece strumentalizzate”. Prima ancora, nel 2019, a dare scandalo a Massa furono le opere dell’artista Giuseppe Veneziano. E sebbene queste non venissero esibite nel contesto del Pride (ma nell’ambito di una mostra patrocinata dal comune), il Messia veniva pur sempre rappresentato crocifisso in mutande leopardate, e al posto del cartiglio “Inri” compariva l’acronimo “Lgbt”. Poco dopo, Chiara Ferragni venne ritratta su Vanity Fair “come Madonna col bambino”. Sempre su Vanity Fair, fu poi il “fluido” Achille Lauro a vestire i panni di una Madonna della Controriforma. Il dileggio nei confronti del corredo iconografico cattolico, d’altronde, è ormai mainstream: dagli anni Ottanta di Madonna, che dei crocefissi e amplessi con Gesù ha fatto un suo marchio di fabbrica, poco è cambiato. Quella nei confronti della simbologia cattolica, prima ancora dei significati politici o pseudo tali che questa massa di “ribelli” vorrebbe attribuirgli, ormai rappresenta semplicemente la provocazione a buon mercato. Ben più difficile sarebbe prendere posizione contro tutti quei Paesi islamici in cui gli omosessuali rischiano la vita ogni giorno. Ben più pericoloso è, addirittura, esporre uno striscione con lo slogan “Viva la figa” mentre sfila uno dei loro cortei: l’incauto che nel 2017 ebbe tale idea ebbe in “regalo” una visita della Digos. Sdoganata da anni di starlette in cerca di visibilità, collezioni di moda, titoli di canzoni, la carica rivoluzionaria (se mai ne ha avuta una) della “contro” iconografia cattolica è ormai persa per trasformarsi in prodotto pop, in coreografia fine a sé stessa. Ed è ironico che proprio chi si propone come alfiere del progresso non faccia altro che riprendere simboli e immagini vecchie di millenni e reinterpretarle, senza produrre nulla di alternativo. La vittoria di un simbolo, in fondo, sta anche in questo. E la sconfitta di un pensiero debole, pure.


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