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“Al Roma Pride l’Italia migliore”: la superbia arcobaleno di Alessandro Zan, tra slogan di odio e bandiere pro-Palestina

di Redazione -


di ANNALINA GRASSO

Succedono cose grottesche in Italia sulla sponda politica di sinistra. In occasione del Pride di Roma dello scorso sabato, Alessandro Zan, famoso per il DDL liberticida contro ogni discriminazione sessuale, che porta il suo nome ha dichiarato che al Pride c’era l’Italia migliore.
Si deduce che chi partecipa al Pride per chiedere inclusione non dovrebbe offendere chi non vi partecipa. Lo stipendio a Zan glielo pagano anche i tanti, i tantissimi che al Pride non ci vanno e che sono liberi di pensarla come vogliono su una manifestazione che ogni anno sta ad esigere chissà quali diritti che già non abbiano.
Si vuole provare a fare un ragionamento articolato senza scadere in slogan stucchevoli come alcuni titoli di giornali riportano: “La piazza dell’amore”, “L’Italia che ama”, “Contro l’odio”? Per farlo bisogna partire dal concetto di diritto e dalla verità riguardo l’omosessualità.
Purtroppo soprattutto negli ultimi tempi le speculazioni, l’emotività e la politica giocano un ruolo importante nella sua valutazione. Nel tentativo di influenzare la politica e guadagnare l’accettazione dell’omosessualità da parte della società, spesso si sostiene che gli omosessuali o sarebbe meglio dire queer, meritano gli stessi diritti di altri gruppi minoritari. La lotta per l’accettazione dell’omosessualità è spesso legata alla lotta per i “diritti civili” delle minoranze razziali.
Gli omosessuali godono degli stessi diritti civili di tutti gli altri. Il conflitto nasce quando leggi specifiche proibiscono determinati comportamenti a tutti i cittadini come, ad esempio, azioni contro il comune senso del pudore oppure accedere al matrimonio (all’adozione, all’utero in affitto) qualora non vengano rispettati certi criteri. Perché, ed ecco svelate le pretese, si richiedono insistentemente il matrimonio e di conseguenza l’adozione e soprattutto la scelta di far concepire un bambino su misura e senza identità (pratica abominevole che appartiene anche a coppie etero)?
Perché da quando c’è stato (giustamente) il depennamento dell’omosessualità dalla lista delle patologie mentali, che avvenne in seguito a pressioni politiche e gli allora responsabili (dell’APA e del DMS) passarono a sostenere l’aiuto psicologico a coloro che provano un comportamento omosessuale non desiderato, gli attivisti si sono sentiti quasi in dovere di dimostrare che una relazione omosessuale è equivalente ad una omosessuale.
Giusto depennare l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali ma bisogna ricordare che tale azione fu il risultato di una votazione a maggioranza per accontentare le potenti lobby gay durante la rivoluzione sessuale. Come se un problema da trattare in ambito scientifico possa essere risolto come la votazione di un reality.
L’eterosessualità è genetica in quanto il nostro pool genetico è predisposto al funzionamento del sistema riproduttore che trova pieno sviluppo e senso dell’incontro con il sistema riproduttore del sesso opposto. L’eterosessualità è genetica, al contrario dell’omosessualità di cui non si trovato nessun gene, per rispondere alla domanda “omosessuali si nasce?”. Bisogna perciò affermare che attualmente non possediamo alcuna prova neuroscientifica, né genetica, che possa sostenere in modo credibile e scientifico la pretesa che l’omosessualità sia uno stato naturale dell’essere umano. Anche perché la genetica influisce in minima parte sulla formazione della nostra persona. Ciò non esclude tuttavia che possano esserci fattori biologici, genetici, ormonali e neurologici che possano fungere da cofattori che, insieme a molti altri di diverso genere, possano contribuire, allo sviluppo di un certo orientamento sessuale.
Affermare tutto questo è da omofobi? No è da liberi pensatori e porsi delle domande alla radice. Ciò non vuole dire che l’omosessualità non sia un’anomalia prevista in natura. Essere anormali non vuol dire essere necessariamente malati. Anche un etero può essere anormale, la castità ad esempio può essere contro natura, senza contare che i queer sono persone con idee diverse l’una dall’altra.
Tuttavia perché le piazze del Pride odiano (vedesi cartelli con scritta “Odiate la Meloni”) chi la pensa diversamente sul matrimonio egualitario e sui bambini? Perché non accettano la loro “natura” con tutto quello che ne consegue, privazioni comprese, rifugiandosi nel diritto?
La vita non è la sede del diritto e il privato sessuale e sentimentale di una persona dovrebbe attenere per l’appunto, alla sfera privata. Nessuno impedisce a due persone dello stesso sesso, fluide, pansessuali, non binarie, di vivere insieme, di unirsi civilmente, di lavorare, di ricevere assistenza sanitaria quando c’è bisogno, di ricevere persino benedizioni religiose.
Il matrimonio così come i figli non sono un diritto, e si cerca di dare a dei bambini il meglio per loro, non per chi li esige, né la via giusta (soprattutto per dei bambini) per darsi una parvenza di normalità. Negli anni ’70 e ’80, la società era caratterizzata da un rispetto reciproco più marcato e da un atteggiamento di indifferenza verso la vita privata degli altri, inclusi gli aspetti sessuali; gli omosessuali rivendicavano la loro diversità e non volevano mischiarsi con i borghesi e le loro convenzioni. Oggi, invece, sembra che questo equilibrio si sia rotto e nuove generazioni transumaniste e il cambiamento delle dinamiche sociali hanno portato ad una maggiore intromissione nella vita personale altrui, creando tensioni e polemiche. Mentre in passato la discrezione e il rispetto per le scelte individuali erano valori condivisi, oggi sembrano paradossalmente essere stati sostituiti da una cultura più invasiva e giudicante.
In ogni gruppo sociale dovrebbe esserci la consapevolezza dei propri limiti funzionali. Nessun orgoglio di genere può giustificare che qualsiasi pretesa avanzata da una lobby debba sempre, automaticamente, configurare un diritto e per questo condizionare leggi e cultura di una civiltà.
Viene da chiedere a Zan e a tutti gli attivisti queer fanatici che la suonano e se la cantano, perché esaltano le disfunzioni di genere e spingano per far cambiare sesso ai bambini che manifestano disforia di genere.
Viene da chiedere come mai l’attivismo queer è completamente privo di prospettiva filosofica, come mai non accettano la regola implacabile della natura, ovvero che la procreazione è una sola.
Viene da chiedere come mai dopo l’approvazione nel 2016 della Legge Cirinnà, in Italia sono state firmate appena 2.794 unioni civili, un vero flop.
Viene da chiedere se sono consapevoli del fatto che ci sono omosessuali che votano a destra, persino tra i fascisti c’erano omosessuali come il segretario del Partito Nazionale Fascista, Augusto Turati.
Viene da chiedere se davvero la perdita delle differenze possa essere considerata una evoluzione soprattutto se pensiamo al dono-responsabilità di mettere al mondo figli e se sono consci che la scienza debba essere verità e non propaganda.
Viene da chiedere se essere così pressanti, invasivi e divisivi e dare la caccia al nemico ideologico con ulteriori leggi punitive per fargli capire che non deve pensarla come loro per non essere tacciato di omofobia, possa non infastidire la maggior parte degli italiani e renderli ancora più ostili in quanto considerati dei barbari da educare anche con la forza.
Infine viene da chiedere a Zan e agli immigrazionisti e amici dell’Islam della sinistra se si sono accorti che nessun mussulmano ha partecipato, come nessun ebreo (paura antisemitismo), tra le sventolanti bandiere palestinesi e se sa quale sia il trattamento riservato agli omosessuali in Medio Oriente.


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