Cultura & Spettacolo

Alessandro Piazzolla e il suo teatro Fantàsia

di Redazione -


di MICHELE ENRICO MONTESANO
Alessandro Piazzolla. Attore, autore e regista. Diplomato presso l’Istituto della Commedia dell’Arte, vanta collaborazioni con nomi illustri, tra cui Paolo Nani. Nel 2020 ha pubblicato un libro di favole “Il coraggio dei Gamberi” e dal 2011 è direttore artistico del Teatro Fantàsia di Barletta.

Il tuo Teatro si chiama Fantàsia e non Fantasìa, a me viene in mente un testo di Arlecchino scritto da Elena Guro, deriva da qua?
No, il titolo nasce dal libro di Michael Ende “La Storia Infinita”, da cui hanno tratto anche il film, e il mondo di Fantàsia è quello che andrebbe salvato dal nulla che avanza. Quando lo abbiamo fondato volevamo lottare contro un Teatro vecchio. Oggi, invece, vogliamo andare contro il nulla culturale che c’è intorno a noi e che avanza. Cerchiamo di portare una luce che possa risaltare la vita. Soprattutto per le piccole realtà che cercano di affacciarsi al mondo del Teatro. Non parlo solo di Barletta ma della situazione italiana generale, dove i Teatri chiudono per carenza di risorse, perché non si punta sui giovani…
Parlando di nulla mi viene in mente Kostja del Gabbiano “servono nuove forme, altrimenti è meglio che il nulla sia necessario”, dov’è che trovi deficitario il Teatro?
Manca di professionalità. Nel senso che se domattina mi sveglio e voglio fare il medico non posso farlo perché non conosco la materia. Con le piattaforme social si rende attore una persona che non ha i mezzi tecnici per farlo. Non dico che non ci sia talento in alcuni di loro, ma se non affini la tecnica la differenza c’è e si vede. Noto una gran confusione sulla professionalità in tal senso. E poi si preferisce prendere il nome famoso piuttosto che uno spettacolo di sconosciuti ma che sia più valido in termini qualitativi. Si vendono spettacoli ancor prima che siano stati fatti o visti…
Pensi che un circuito di Teatri off possa ovviare a questa situazione?
La mancanza di una rete è sicuramente un fattore. L’unione delle forze, che non vuol dire necessariamente obbligo di condivisione, è utile per creare un catalogo di spettacoli da cui attingere per selezionare quelli che interessano di più al pubblico. L’obbligo di condivisone sarebbe un errore – come infatti avviene nei circuiti pubblici – ma avere una possibilità di scelta è funzionale. Altrimenti il pubblico viene obbligato a vedere cose orribili, solo perché già vendute e di conseguenza destinate ad andare in scena. La rete aiuterebbe anche a far vivere i Teatri…
In che modo cerchi di portare una luce per risaltare la vita attraverso il Teatro?
Ne stiamo parlando in maniera filosofica, ma quando faccio qualcosa non la faccio in maniera così alta. Quando ho aperto il Teatro l’ho fatto per me. Volevo io uno spazio. Rispondeva a un’esigenza personale: a Barletta mancava un luogo di convivialità. Quindi l’ho fatto egoisticamente. Ho inventato il biglietto sospeso, doniamo biglietti a persone che non possono permettersi di andare a Teatro. Li doniamo ad associazioni di volontariato o a scuole. Ma lo faccio per una questione egoistica, perché voglio portare la gente a Teatro, non per un fine sociale. Però questo ha un impatto anche sociale non indifferente…
C’è bisogno di Amore per quello che si fa, il resto viene da sé. L’obiettivo sociale è più grande di me.
Progetti in cantiere?
Abbiamo vinto un bando che parla di teatro delle arti popolari. Avvicineremo il teatro a chi non riesce a farlo per questioni economiche, dovrebbe partire a breve. Come produzioni stiamo lavorando su un nuovo spettacolo “Cyrano de Bergerac 2.0” non ci sono spade ma la parola. E sarà l’apertura della IV edizione di Nuvole Sparse (una rassegna teatrale NdR) a novembre. Qui il comico, inteso come cabarettista, diventa lo spadaccino. E ho un altro progetto in cantiere. Non di parola, di puro movimento scenico, parliamo di eutanasia. Con Rosa Dicuonzo.


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