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Algoritmi: la potenza di calcolo tra dominio e conflitto

di Redazione -


Nel saggio “Algoritmi di libertà. La potenza di calcolo tra dominio e conflitto” (Donzelli (2018), pag.XVII-277, Euro 18,00), Michele Mezza affronta, con taglio divulgativo e con pragmatismo, il tema di una critica dei presunti automatismi che definiscono e classificano i nostri comportamenti. Il “buco nero” che assorbe la nostra libertà oggi non è tanto il condizionamento della nostra vita con l’uso dei nostri dati, quanto una “omologazione” del nostro pensiero alle “forme semantiche degli algoritmi prescrittivi”.  L’algoritmo, parola derivata dal nome del matematico arabo al-Khuwarizmi (sec. IX) e passata a indicare le regole del calcolo, ormai è diventato sinonimo di controllo sociale. Le sequenze di formule con questo nome servono per governare l’elaborazione delle quantità di informazioni generate continuamente dalla Rete. Con la loro potenza di calcolo, e la loro apparente neutralità, questi “numeri magici” si presentano al nostro senso comune come pass-partout per aprire ogni porta della nostra vita. Queste le domande che gli studiosi si pongono, alle quali cercano di dare risposta: Ma chi detiene le chiavi degli algoritmi? Sono dispositivi neutri e inviolabili? O non sono invece espressione di una strategia di orientamento e governo sociale, sempre più strettamente controllata dai loro “proprietari”? Michele Mezza affronta, in queste pagine, il nodo di come la scienza matematica possa e debba essere oggetto di un nuovo contratto sociale e occasione di una negoziazione conflittuale, fra gli utenti e i grandi “players” globali che sono i proprietari dei dispositivi digitali. Qui si annida la tensione essenziale – scrive Giulio Giorello, nella prefazione – che attraversa oggi il mondo tecnologico subordinato a potentati monopolistici. E aggiunge: “Il libro di Michele Mezza ci invita a ragionare sulla relazione tra tecnica e libertà”. Da parte sua, Mezza osserva che la “governance” dell’innovazione digitale non ha nulla di automaticamente tecnico ed è invece un concentrato di politica; esattamente come McLuhan sosteneva che l’elettricità non era una tecnicalità ma un perverso potere che se concentrato in poche mani avrebbe creato una situazione in cui “con la velocità dei movimenti di contenuti e persone, introdotte dall’energia elettrica, è possibile giocare alla roulette russa con intere economie, interi sistemi educativi, con tutti i regimi politici”. Mezza precisa anche che per convincerci dell’apocalittica intuizione di McLuhan possiamo decifrare proprio le ultime schermaglie elettorali nel nostro paese, magari insieme alla “madre” di tutte le elezioni degli algoritmi, come sono state le presidenziali americane del 2016. Punto chiave del problema, per l’Autore, è come rendere esplicite e trasparenti la logica e la modalità di funzionamento dell’algoritmo che “media e performa” le nostre azioni in Rete, più che accompagnare nuovi clienti nel mercato digitale. La Rete è certamente una frontiera avanzata, della quale bisogna diffondere logica e linguaggio, ma in maniera consapevole e critica, non in virtù di un determinismo tecnologico per cui l’accesso è comunque un valore in sé. Michele Mezza è stato inviato del Giornale radio Rai, in Urss e in Cina. Nel 1993 ha collaborato al piano di unificazione del Gr. Nel 1998 ha elaborato il progetto di Rai News24. Attualmente dirige il Centro di ricerca sul “mobile” PollicinAcademy e la comunità web “mediasenzamediatori.org” e cura un blog per “Huffington Post”. Insegna all’Università Federico II (Napoli). Tra le sue pubblicazioni, da segnalare: “Giornalismi nella rete. Per non essere sudditi di Facebook e Google” (2015).

red


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