Attualità

Alice bruciata, i dubbi sulla condanna di Mohamed

L'imputato si è sempre detto colpevole, il marito della vittima gli crede

di Angelo Vitale -


Mohamed Gaaloul è stato condannato a 30 anni di carcere dalla Corte d’Assise di Modena per l’omicidio volontario di Alice Neri, avvenuto il 18 novembre 2022 nelle campagne di Concordia, nel Modenese. La Corte non solo ha accolto in pieno la richiesta della pubblica accusa, ma ha anche disposto pesanti risarcimenti civili: 1 milione di euro alla figlia della vittima, 600mila euro alla madre Patrizia Montorsi e 200mila euro al fratello Matteo Marzoli. Inoltre, è stata comminata all’imputato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale durante l’esecuzione della pena.

La sentenza è stata emessa dopo un processo durato circa un anno e mezzo, durante il quale Gaaloul si è sempre dichiarato innocente e la difesa ha già annunciato ricorso in appello contro quella che reputa una condanna non adeguatamente sostenuta dalle prove. Uscendo dall’aula, l’imputato ha urlato: “Io non sono colpevole”.

Chi era Alice

Alice Neri, giovane madre di 32 anni di Ravarino, fu uccisa nella notte tra il 17 e il 18 novembre 2022 nelle campagne tra Concordia e Fossa di Concordia, in provincia di Modena. Il suo corpo venne ritrovato carbonizzato all’interno del bagagliaio della sua auto, data alle fiamme, il 18 novembre 2022. La sera precedente, Alice aveva trascorso del tempo con un collega in un bar di Concordia, da quell’ultimo incontro non si ebbero più sue notizie fino alla tragica scoperta.

L’omicidio, dopo il processo ancora dubbi

Secondo la pubblica accusa, Mohamed Galloul avrebbe ucciso Alice con sette coltellate durante un tentativo di violenza sessuale. Dopo aver commesso il delitto, avrebbe cercato di occultare il cadavere dando fuoco all’auto della vittima con il corpo all’interno. Nelle indagini, sono emerse tracce di Dna di Galloul su una tanica usata per accelerare il rogo e sugli indumenti rinvenuti.

Nonostante la ricostruzione dell’accusa, rimangono alcuni punti oscuri sia sul movente esatto sia sulla dinamica, come sottolineato anche dalla difesa e da alcuni familiari della vittima che hanno chiesto nuove indagini.

Il marito di Alice, Nicholas Negrini, ha revocato la costituzione di parte civile dichiarando di non essere convinto della colpevolezza di Galloul e lamentando che la posizione di un collega di Alice non sia stata indagata a fondo.

Alice, “processata” da vittima

Durante il processo sono emersi momenti di forte tensione, soprattutto per la “vittimizzazione secondaria” nei confronti di Alice e per la discussione sulla vita privata della donna in aula e sui media.

Vittimizzazione secondaria concretizzatasi soprattutto nel pubblico scandaglio della vita privata della vittima durante le udienze, sui media e sui social network.

In particolare, sono stati esposti pubblicamente aspetti della vita personale e sentimentale di Alice, tra cui dettagli su eventuali relazioni extraconiugali, in una dinamica che ha spostato l’attenzione sulla reputazione della vittima piuttosto che sui fatti oggetto del processo.

Si è dibattito della relazione con il “terzo uomo”. Il “collega di lavoro” di Alice – mai indagato – è stato chiamato a testimoniare e ha riferito di una passata relazione con la vittima, poi trasformata in amicizia.

Questa informazione, pur essendo funzionale alla difesa dell’imputato per escludere la responsabilità del collega, è stata resa pubblica e ampiamente discussa, anche attraverso il racconto mediatico della vicenda.

Ampia l’indagine mediatica sui rapporti familiari e intimi. La vita privata di Alice, compresi gli aspetti relativi al suo matrimonio e alle sue frequentazioni, è stata esaminata pubblicamente sia dall’accusa sia dalla difesa nella ricerca del movente e della verità giudiziaria. Così dettagli personali sono stati esposti in udienza e sui giornali, alimentando un clima di morbosa curiosità sulla vittima.

I media hanno amplificato gli elementi privati della vicenda, portandoli al centro del dibattito pubblico, spesso in una narrazione che ha rischiato di ribaltare i ruoli fra vittima e imputato. La madre di Alice, Patrizia Montorsi, ha chiesto più volte rispetto per la memoria della figlia, sottolineando che “Alice resta comunque la vittima di questo delitto – ha spiegato –. Qua si cerca giustizia per lei, non è lei l’imputata”.


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