Alla prova della burocrazia della Pa il nuovo Codice degli Appalti
Alla prova della malandata burocrazia della Pa nazionale, e di altre eventuali polemiche, il nuovo Codice degli Appalti, tecnicamente in vigore da sabato ma oggi al via concreto negli uffici pubblici italiani. “Ccantieri più veloci, meno burocrazia, premiate imprese e materiali italiani”. Così il Mit in una nota illustrativa sul sistema che consentirà di avere ”appalti più rapidi, con importanti risparmi di tempo” e ”regole più flessibili e maggiore autonomia per le pubbliche amministrazioni”. Il provvedimento prevede anche una ”corsia preferenziale per le forniture italiane ed europee, digitalizzazione con risparmio di carta e incombenze burocratiche”. Viene introdotto il ”dissenso qualificato, principio per cui le amministrazioni pubbliche non potranno solo dire ‘no’ a un’opera, ma dovranno indicare come superare l’ostacolo amministrativo”.
Altra novità contenuta nel nuovo codice, gli affidamenti diretti per lavori fino a 150mila euro. Dal primo gennaio, inoltre, tutti gli scambi di informazione ”avverranno su una piattaforma digitale nazionale, in modo che le imprese non debbano presentare la stessa documentazione più di una volta”.
I piccoli comuni, fa sapere il Mit, ”non dovranno più passare per il tramite di stazioni appaltanti qualificate per opere fino a 500mila euro e per il primo anno avranno più opzioni per scegliere la stazione appaltante qualificata, allargando il recinto che prima prevedeva solo le province. Non solo. I municipi più piccoli avranno semplificazioni sul personale: le funzioni di Rup potranno essere affidate ai dipendenti in servizio anche con contratti a tempo determinato. Non manca la clausola per accelerare i pagamenti (è garantita la possibilità per l’esecutore di emettere fatture anche al momento dell’adozione del Sal)”.
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