Editoriale

ALTRO CHE FARFALLA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Non ho mai ben capito cosa possa succedere a New York se una farfalla sbatte le ali a Pechino ma vi posso dire che se nella Silicon Valley tuona una banca, qui in Europa è panico. E abbiamo ragione di avere paura perché l’ultima volta con Lehman Brothers in molti ci hanno rimesso le chiappe. Stavolta gli economisti parlano poco. Nessuno fa grandi previsioni. Perché ormai non ne prendono una da molto tempo, e anche la gente normale ha cominciato ad accorgersi che non esiste la scienza esatta della Finanza quando il mondo che hai davanti all’improvviso cambia le regole di ingaggio, le alleanze e di fatto non è più tuo. Sta a vedere che non ce la contano giusta nemmeno sui conti, perché sulla guerra ormai è evidente che la verità è tutta da scoprire e sul Covid le grandi certezze su cui abbiamo costruito la più imponente privazione di libertà della storia recente poggiano su piedi d’argilla. Sta venendo fuori di tutto, eppure a pagare è stato sempre chi si è fidato. Cominciamo a dirci che il mondo come l’abbiamo conosciuto dopo il 1989 e la caduta del Muro di Berlino, la globalizzazione dei mercati e dei beni, non funziona più allo stesso modo. E questo per due ragioni. La prima perché il mondo non è più unipolare, ovvero non accetta più la lettura americana e del suo dollaro come unica chiave di interpretazione dei fenomeni economici e sociali che portano verso il futuro che verrà. La seconda perché quando abbiamo deciso di costruire il modello unilaterale, non abbiamo dato ai nostri partner la possibilità di diventare come noi. Intanto era la democrazia che esportavamo, e l’effetto reale è stato che noi ne abbiamo persa una parte, mentre altrove hanno costruito modelli antitetici, di cui quello cinese, che in queste ore sta mostrando la sua potenza e la sua visione verso il futuro, è certamente il protagonista del prossimo cinquantesimo. Ora non sto dicendo che per una banca che fallisce casca il mondo, ma poco ci manca. Perché la nostra psicologia influenza l’economia e lo stato di salute dei Paesi democratici, e siccome siamo piuttosto depressi da quando niente va più come abbiamo immaginato e soprattutto come abbiamo promesso alla gente, questo porterà gravi danni che non servivano dopo la crisi e dopo l’era pandemica che ci ha messo in ginocchio. E così, sempre parafrasando il famoso proverbio della farfalla, se a Pechino un presidente viene eletto tre volte e punta a superare Mao in longevità, figuriamoci cosa può succedere a piccole fragili banche, che hanno fatto i miliardi negli anni del nostro boom, quando il sistema è messo in discussione dalle scelte sbagliate e oligarchiche che abbiamo fatto negli ultimi decenni. E che ci vedono ormai dipendenti da una parte del mondo che non intende più servire noi per tutte quelle cose senza le quali il nostro schema economico e anche politico vacilla. Staremo a vedere come finirà la vicenda della banca della Silicon Valley, simbolo della fragilità di quello che sembrava un impero insuperabile, il simbolo stesso del digitale che aveva costruito la nuova rivoluzione dopo l’era del petrolio e quella del computer, ma la sensazione è che sia un altro colpo alla nostra stabilità interiore. Per interiore non intendo solo la preoccupazione di ogni singolo che abbia un euro in banca ma la preoccupazione del sistema, che da tempo si rende conto che le leve classiche su cui era solito agire per limitare le crisi e i momenti di difficoltà non funzionano più. E se a questo aggiungiamo un altro grande crash nel sistema finanziario più importante del mondo, con possibili, anzi probabili effetti domino su tutto il pianeta, non voglio immaginare quale potrebbe essere stavolta la reazione della pancia di questa democrazia occidentale che ha messo in dubbio molte delle certezze che l’hanno portata ad essere la più evoluta forma di governo del pianeta.


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