Economia

America amara per Stellantis: c’è il caso Chrysler

di Cristiana Flaminio -


In America non vogliono più Stellantis. E certe cose non accadono (quasi) mai per caso. Mica come un Italia dove s’è potuto, per un lungo periodo, rinunciare a un marchio storico e prestigioso come è accaduto a Lancia senza che nessuno (o quasi) fiatasse. Negli Stati Uniti, che non sono né la timida Italia e neanche l’inutilmente snob Europa, certe cose, come ipotizzare la cancellazione di un brand come Chrysler, non si possono nemmeno pensare. A suonare la carica contro Tavares e l’ipotesi del taglio ai brand l’addio nel giugno ’25 al marchio, è sceso in campo direttamente il signor Frank Rhodes jr, pronipote del fondatore della casa automobilistica che ha scritto alcune delle pagine di storia americana più appassionanti e care all’immaginario Usa. “Chrysler non si tocca”, ha spiegato. E poi ha rincarato la dose: “La proprietà torni a essere americana”. Magari condivisa con gli operai. Tutto nasce dalle speculazioni sorte dalle parole dello stesso Tavares che ha affermato l’impossibilità, da parte di Stellantis, di mantenere in vita brand improduttivi. Come Chrysler che, da quando l’ex Fiat-Psa l’ha acquisita, ha un solo modello in listino. Comunque andrà, l’avventura negli Usa per i franco-italiani si sta rivelando più ostica del previsto. Prima l’annuncio dei tagli al personale, qua e là, negli impianti produttivi americani. Poi la class action intentata dagli azionisti delusi dai mancati utili. Ora arriva l’erede del fondatore della Chrysler a suonare la carica “contro” Stellantis in America.  


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