Economia

Anche per la Commissione, l’economia è a rischio per le sanzioni alla Russia

Per Putin, la Ue verso il “suicidio energetico”. E intanto Eni apre il conto in rubli

di Alessio Postiglione -


Per la Commissione europea, l’economia dei 27 Paesi potrebbe non reggere alle sanzioni russe, se non al costo di uno stop della ripresa post pandemica e all’innesco di una ulteriore spirale inflattiva.
Anche gli esperti di Palazzo Berlaymont, in pratica, concordano con Putin, che definisce “una sorta di suicidio energetico” l’imposizione delle sanzioni contro le forniture russe. A rivelarlo, le Previsioni di primavera della Commissione europea, che ipotizzano, nello scenario grave, secondo Bloomberg, una crescita solo dello 0,2% con inflazione al 9%. Nello scenario ordinario, riporta il documento presentato dai Commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni, la crescita del Pil reale sia nell’Ue che nell’area dell’euro è ora prevista al 2,7% nel 2022 e al 2,3% nel 2023, in calo rispettivamente dal 4,0% e dal 2,8%, rispetto alle previsioni intermedie per l’inverno 2022. La crescita della produzione entro l’anno è stata ridotta, invece, dal 2,1% allo 0,8%, mentre i prezzi dell’energia spingono l’inflazione a livelli record. Dal 4,6% su base annua nell’ultimo trimestre del 2021, al 6,1% nel primo trimestre del 2022; ad aprile, infine, si è registrato il 7,5%, il tasso più alto nella storia dell’unione monetaria, secondo il documento della Commissione.
Di fronte a tali numeri, anche le dichiarazioni di Orban appaiono come un bagno di realtà: a seguito delle richieste europee di rinunciare alle fonti russe, il premier ungherese ha comunicato alle controparti dell’Ue che il sostegno all’industria petrolifera ungherese in caso di embargo costerà almeno 810 milioni di dollari. Orban ha affermato che sono necessari 550 milioni di euro per le sue raffinerie e altri 220 milioni di euro per un gasdotto alternativo dalla Croazia. Intanto, Eni ha avviato l’apertura dei conti in euro e rubli presso Gazprombank, come richiesto da Mosca in risposta alle sanzioni europee, per perfezionare i pagamenti delle forniture ancora in essere. Da un lato, “a oggi, Gazprom Export e le autorità federali russe competenti hanno confermato che la fatturazione (effettivamente giunta ad Eni nei giorni scorsi nella valuta contrattualmente corretta) e il relativo versamento da parte di Eni continueranno a essere eseguiti in euro, così come contrattualmente previsto”, spiega l’azienda, dall’altro, “l’esecuzione dei pagamenti con queste modalità non riscontra al momento nessun provvedimento normativo europeo che preveda divieti che incidano in maniera diretta sulla possibilità di eseguire le suddette operazioni”. Eni, in pratica, si dichiara costretta, perché “un mancato pagamento esporrebbe […] sia al rischio di violazione dell’obbligo di dar corso in buona fede ad eventuali richieste contrattuali di Gazprom Export imposte alla stessa dalla propria autorità, sia al rischio per Eni di inadempimento dei propri impegni di vendita con i clienti a valle in caso di interruzione delle forniture”. E, infatti, fa sapere il Cane a sei zampe, che la decisione sull’apertura del doppio conto è stata “condivisa con le istituzioni italiane”. Informazione che non mette al riparo il nostro governo dalle accuse: “Come previsto, dopo tanta demagogia e tanti discorsi massimalisti la Commissione Europea si piega e lascia i singoli Paesi liberi di decidere se rifornirsi di gas russo pagandolo in rubli”, dichiara il leader di Italexit Gianluigi Paragone, “Questo dimostra ancora una volta come gli affari vengano prima dei principi sbandierati ai quattro venti e di come non si possa fare a meno del gas russo”.


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