Ancora corruzione al Parlamento Ue: fermati lobbisti Huawei
Dopo il Qatargate, al Parlamento europeo scoppia un nuovo scandalo corruzione, che coinvolge un gruppo di lobbisti legati al gigante cinese Huawei e sospettati di aver dato mazzette a ex e attuali eurodeputati. L’ultimo terremoto a Bruxelles si è scatenato ieri, quando sono scattate ben 21 perquisizioni, a seguito delle quali “il giudice istruttore incaricato del caso ha chiesto che fossero messi dei sigilli nei locali del Parlamento europeo, più precisamente negli uffici assegnati a due assistenti parlamentari presumibilmente coinvolti”. Le retate hanno interessato sia abitazioni che uffici e non solo nella cittadina cuore della politica dell’Unione, ma anche nelle Fiandre, in Vallonia e in Portogallo. Gli inquirenti hanno eseguito gli ordini di arresto per diverse persone: tra gli arrestati c’è pure l’ex assistente di due eurodeputati italiani, il lobbista Valerio Ottati. La Procura federale belga, oltre a precisare che “come da procedura, la presidente del Parlamento europeo è stata informata della situazione e che questa procedura è in corso”, ha fatto sapere che “un sospettato è stato arrestato in Francia a seguito del mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti”, proprio in relazione alla presunta corruzione che sarebbe stata perpetrata a vantaggio della società Huawei, il gigante che, in questi anni, potrebbe aver oliato i rappresentanti politici dell’Ue per portare avanti le proprie istanze in Europa. Sui particolari dell’inchiesta, al momento, c’è il massimo riserbo, tanto che l’organo giudiziario inquirente sottolinea in una nota che “ulteriori informazioni, compresi i dati personali e/o altri elementi che consentano l’identificazione delle persone coinvolte non possono in nessun caso essere divulgate in questa fase, e ciò nel rispetto della presunzione di innocenza delle persone interessate e dell’indagine stessa”. Dunque restano per ora riservati i nomi dei politici europei che sarebbero finiti nella rete corruttiva messa in atto da 21 indagati nel fascicolo. Per gli investigatori belgi, però, la corruzione sarebbe stata praticata “regolarmente e in modo molto discreto”, attraverso regali, spese di vitto e di viaggio, inviti regolari a partite di calcio, ma anche con l’elargizione di denaro e benefici finanziari più ingenti, come ad esempio la copertura di supposte spese per conferenze, o soldi versati a diversi intermediari. Per la Procura, tra l’altro, sarebbero state dirottate ingenti somme di denaro all’estero, tanto che in queste ore l’inchiesta “mira anche a rilevare elementi di riciclaggio di denaro”.
Al centro dell’indagine il responsabile dell’ufficio di Bruxelles di Huawei, Valerio Ottati, che prima di approdare nell’azienda cinese era stato l’assistente di due eurodeputati italiani. Si tratta di Nicola Caputo, parlamentare europeo del Pd dal 2014 al 2019 e ora assessore regionale all’Agricoltura della Campania di Italia Viva, e, prima ancora, tra il 2009 e il 2014, di Enzo Rivellini, che sedeva a Bruxelles nelle fila del Pdl. I due europarlamentari non sono indagati, ma Ottati avrebbe sfruttato i contatti maturati nei dieci anni di assistenza parlamentare per portare avanti la sua attività di lobbying a nome della società cinese. Nel decennio passato tra le stanze dell’Eurocamera, d’altronde, Ottati ha collaborato all’attività dei due eurodeputati. E spiccano i legami con la Cina. Caputo, infatti, tra il 15 gennaio 2018 e l’1 luglio 2019 è stato membro della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Repubblica popolare cinese. Rivellini, invece, è stato prima membro della delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese, tra il 16 settembre 2009 e il 28 settembre 2009, e poi presidente della stessa delegazione, tra il 29 settembre 2009 e il 30 giugno 2014. Gli inquirenti belgi, ieri, hanno sequestrato “documenti e dispositivi elettronici, tra cui computer, che ora verranno sottoposti a un’analisi approfondita”.
E Bruxelles trema, per il timore che il caso Huawei possa aprire un vaso di Pandora, come già successo con il Qatargate, l’inchiesta ancora aperta che, l’anno scorso, ha travolto, tra gli altri, i dem Antonio Panzeri e Andrea Cozzolino. E che nelle scorse settimane è scaturita nella richiesta di revoca dell’immunità parlamentare per le eurodeputate del Pd Elisabetta Gualmini e Alessandra Moretti.
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