Antonella Di Veroli: riaperto il caso dopo 31 anni
19940412 - ROMA - OMICIDIO ANTONELLA DI VEROLI. ANSA/ANTONIO JANNI
Antonella Di Veroli, venne ritrovata morta il 10 aprile del 1994. Il suo appartamento, nella tranquilla zona di Talenti a Roma e precisamente sito in via Domenico Oliva 8, divenne teatro di uno dei crimini irrisolti degli anni ’90. Il corpo esanime della commercialista e consulente del lavoro quarantasettenne, venne rinvenuto dai famigliari (sorella e cognato), da un’amica di Antonella e dall’ex socio Umberto Nardinocchi, all’interno dell’armadio di casa, le cui ante erano state rinvenute sigillate con del silicone. Antonella, il cui corpo, all’altezza della testa presentava un foro di proiettile (successivamente si scoprirà che si trattasse di una pistola calibro 6,35 millimetri), e un’ogiva tra i capelli, aveva anche una busta di plastica sulla testa. L’appartamento si trovava in condizioni normali”; non presentava segni di efferazione o alterazioni evidenti, portando alle prime indiscrezioni che, probabilmente si fosse trattato di un omicidio perpetrato da persona conosciuta alla vittima e, molto probabilmente, premeditato e pianificato nei minimi dettagli. I primi ad essere indagati e ad essere iscritti nel registro degli indagati, furono l’ex socio in affari della vittima, Umberto Nardocchi, poi prosciolto da ogni accusa al termine dell’istruttoria (per assenza di elementi concreti) e l’ex compagno di Antonella, Vittorio Biffani, un fotografo con cui la donna aveva avuto una relazione, poi conclusasi non serenamente e a cui, la commercialista, aveva prestato una importante cifra economica (pari a 42milioni delle vecchie lire), mai restituita; quest’ultimo venne rinviato nel 1995 e nel 1997 venne assolto; la sentenza confermata poi in appello e nel 2003, in Cassazione. Scagionato, molto probabilmente, da alcuni possibili errori avvenuti nelle analisi riguardanti il guanto di paraffina e il ritrovamento stesso dell’impronta rinvenuta sull’armadio, non appartenente a Biffani. L’autopsia di Antonella Di Veroli rivelò una uccisione dalle dinamiche estremamente crudeli e con sapiente e attenta metodica, un piano criminale ben organizzato e possibile solo da chi, conoscesse bene la vittima e le sue abitudini. Le uniche tracce lasciate furono il ritrovamento di un bossolo sotto al letto e un tubetto di mastice per parquet, ritrovato sul comodino della camera da letto della vittima, molto probabilmente usato per sigillare l’armadio in cui venne rinvenuta la vittima. Dalle ricostruzioni avvenute all’epoca dei fatti, l’omicidio avvenne mentre Antonella si trovava nel suo letto, per cercare di attutire il rumore del colpo del proiettile sparato, venne usato un cuscino, ma il colpo non fu letale e la causa di morte, rivelata dall’autopsia fu asfissia, quasi sicuramente provocata dalla busta di plastica sigillata attorno al collo e alla testa di Antonella. L’unica testimonianza sul caso, fu quella di Ninive, la vicina di casa di Antonella che affermò di aver udito intorno alle 23 della sera del 10 aprile, dei passi sul pianerottolo, ma di non essersi accorta di altro.
Nessuno, quindi, venne riconosciuto colpevole per l’uccisione di Antonella Di Veroli. La famiglia, che negli anni si è sempre battuta per cercare di riportare alla luce il caso dalla magistratura, già nell’aprile dello scorso anno, venne richiesta la riapertura dell’indagine dal legale della famiglia di Antonella, l’avvocato Giulio Vasaturo. La sostituta procuratrice Bifulco che segue il caso insieme ai carabinieri del nucleo investigativo che stanno effettuando nuovamente le indagini e gli esami sui reperti sequestrati nel 1994; sotto esame l’impronta rilevata su una delle ante in cui fu ritrovato il corpo della commercialista e due bossoli di piccolo calibro e l’ogiva rinvenuta tra i capelli della quarantasettenne: tutti elementi che, all’epoca dei fatti non aiutarono gli inquirenti a trovare risposte, ma con le moderne tecnologie attuali, potrebbero fornire risposte sul o sui colpevoli, di tale atroce omicidio, attraverso le tecnologie sulla rilevazione del Dna e sui nuovi strumenti per il rilevamento di tracce biologiche, che possano permettere la ricostruzione del profilo genetico del colpevole.
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