Esteri

Argentina, la muraglia umana contro la cura del “loco” Milei

di Ernesto Ferrante -


“El loco” è andato a sbattere contro una muraglia umana di manifestanti inferociti. Il passaggio dagli slogan liberisti da campagna elettorale al varo di misure che incidono in maniera concreta sull’Argentina profonda, cresciuta a pane e statalismo, non è né agevole né immediato, al contrario di quanto pensano i “destrutturatori” e i loro sostenitori. Il governo argentino ha ritirato il pacchetto fiscale della cosiddetta “legge Omnibus”, progetto nevralgico dell’amministrazione del nuovo presidente Javier Milei. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Economia, Luis Caputo, evidenziando il “dialogo” con gli altri blocchi politici e il “chiaro consenso” trovato su buona parte degli oltre 500 articoli del testo, che rende preferibile il continuo dell’iter per l’approvazione nella Camera dei deputati. “In nessun modo ciò implica che rinunciamo al nostro impegno di raggiungere l’equilibrio fiscale. Il nostro obiettivo è raggiungere il deficit zero”, ha sottolineato il ministro.
Il disegno fiscale che riguardava il riciclaggio di denaro, i redditi alti, la moratoria, una rimodulazione della tassazione sulla ricchezza, le esportazioni e le modifiche del calcolo dell’aumento delle pensioni, era stato fortemente contestato dai governatori delle province interessate.
Milei ha detto che l’Argentina è più vicina all’obiettivo di dollarizzare l’economia. “La dollarizzazione è un obiettivo di questo governo e sarà realizzata quando le condizioni saranno giuste”, ha annunciato il ministro Caputo. “Oggi le condizioni sono migliori di quando siamo entrati in carica e sono d’accordo” su questo con il presidente, ha aggiunto ancora.
Il colpo di mano ha scatenato una risposta massiccia, che è sfociata in uno sciopero generale nel Paese. Tra le decisioni più controverse, vi è un aumento significativo delle tariffe per i trasporti pubblici, con un incremento addirittura del 459% nel costo del biglietto minimo per autobus e treni nell’Area Metropolitana di Buenos Aires (AMBA).
Santi Corei di TeleSUR, ha fatto sapere che i nuovi rincari su scala nazionale raggiungeranno il 250%, e consigliato agli utenti di registrare le loro carte SUBE (Sistema Unico di Biglietto Elettronico) per evitare ulteriori brutte sorprese.
I salassi in un contesto economico già difficile, con il 70% dei lavoratori statali argentini considerati poveri, stando ai dati forniti dal segretario generale dell’Associazione Lavoratori dello Stato (ATE), Rodolfo Aguiar, stanno provocando disastri.
A gettare altra benzina sul fuoco è stata la violenza repressiva da parte delle forze di polizia. La Coordinadora Contra la Represión Policial e Institucional (Correpi) ha denunciato che, nei primi 35 giorni del nuovo esecutivo, le forze di sicurezza hanno ucciso 32 persone. Sulle cronache campeggiano decine di episodi di “gatillo fácil” (grilletto facile).
Il Ministero del Capitale Umano ha avuto ordine di dare una vigorosa sforbiciata ai programmi “Potenciar Trabajo” e “Potenciar Empleo”. Più di 27mila piani sociali sono destinati ad essere eliminati. La Confederación General del Trabajo (CGT), il principale sindacato del Paese sudamericano, è sul piede di guerra.
Nella contesa in atto è entrata a gamba tesa anche la giustizia argentina, che ha dichiarato invalidi sei articoli della riforma del lavoro inclusi nel DNU (Decreto de necesidad y urgencia) di Milei, in seguito all’azione legale avviata dalla CGT. La decisione della magistratura solleva forti dubbi sulla legittimità di alcune dei provvedimenti chiave della compagine governativa, facendo aumentare esponenzialmente i rischi di instabilità politica e sociale.
Non manca chi ha collegato le epurazioni avvenute nell’esercito alla prospettiva di dover fronteggiare in maniera energica rivolte e disordini. Per effetto del cambio dei vertici militari (23 generali), alla guida delle tre Forze Armate sono state promosse figure con una storia di solidi rapporti con Washington, una provata fede di destra ultra-liberista e un’età anagrafica giovane.


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