Ambiente

Arriva il no alla plastica: il flop è dietro l’angolo

di Alessio Gallicola -


Via, dal 14 gennaio, all’applicazione della direttiva europea Sup (Single Use Plastic) che vieta l’uso di monouso, degradabile e non compostabile. Una novità da tempo annunciata che rischia di trasformarsi in un flop colossale. Ci sarà, infatti, da attendere per la plastic tax (l’imposta sui manufatti di plastica indirizzata a disincentivare l’utilizzo di questo materiale da parte delle aziende) che è stata rinviata al 2023. Un provvedimento e un rinvio che scontentano quasi tutti, dagli ambientalisti alle imprese. Lo stesso Governo, già nel Documento programmatico di bilancio per il 2022 dello scorso ottobre, aveva condiviso il rinvio.

Un rinvio, però, che si trasforma nel classico pannicello caldo per le associazioni di categoria e della grande distribuzione, che da tempo hanno chiesto con determinazione l’istituzione di una filiera per la plastica riciclata.

Il vero buco nero di questa manovra incompleta è proprio quello della plastica riciclata. A fronte dell’istituzione di un’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI) da 45 centesimi al chilogrammo sui prodotti in plastica monouso, le associazioni hanno evidenziato che se il provvedimento
punta a ridurre l’utilizzo di plastica vergine, questo disincentivo deve accompagnarsi ad una azione che favorisca quello di plastica riciclata. E qui compaiono le criticità, l’assenza di un quadro d’insieme utile alle imprese e di una strategia nel Paese per uno scenario del genere.

Ciò che appare certo per le imprese, come spesso accaduto in Italia, è la obbligatorietà del pagamento della futura plastic tax. Sperando, nel frattempo, che arrivino novità interessanti. Una strada sarebbe quella dell’utilizzo del PET (Polietilene tereftalato) riciclato, già escluso dalla futura tassazione. Purtroppo, però, in Italia non è facilmente recuperabile, nonostante l’avvento di nuove tecnologie che potrebbero garantirne la produzione. C’è scarsità di impianti di selezione, innanzitutto. In un mercato dove i player stranieri vengono a comprarlo in Italia. Da qui, il pressing delle associazioni di categoria per l’istituzione di una robusta filiera di economia circolare che dia garanzie alle imprese.


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